Timavesi in India. Ladakh, il piccolo Tibet
(Pumarmandl)

E' la metà di settembre, quando partiamo da Timau per raggiungere il LADAKH, nel nord dell'India, regione conosciuta per la somiglianza religiosa, etnica ed ambientale al TIBET. Questo è il nostro terzo viaggio extraeuropeo e, come i precedenti, completamente autogestito. Forti dell'esperienza acquisita, dopo alcuni mesi di laboriosa documentazione ed organizzazione, abbiamo tra le mani il nostro itinerario: raggiungeremo LEH, capitale del LADAKH buddista, attraversando con un impegnativo trekking il territorio di tre regioni dell'HIMALAYA INDIANO, inserendo nel programma, come nei viaggi precedenti l'ascensione ad una cima, in questo caso il Kang YATSE che con i suoi 6400 metri rappresenta per noi un progetto ambizioso, il tutto in tre settimane a disposizione. Arrivati a DELHI dopo un lungo volo in aereo, ci attendono ancora 14 ore di "TAXI" (un'auto anni '50) per raggiungere MANALI, cittadina stile alpino nell'HIMACHAL PRADESH dove organizzeremo materialmente la nostra lunga traversata, con l'acquisto dei viveri necessari, e tramite un'agenzia locale, l'assunzione di una guida, due cavallanti e quattro cavalli da soma. Con questi ultimi trasporteremo il materiale necessario, per poter vivere almeno due settimane in modo completamente autonomo; non ci potremmo infatti avvalere di nessuna struttura o servizio, dato che il territorio si sviluppa su un altopiano desertico di alta quota (minimo 4200 m.) in questo periodo completamente disabitato. Una pausa di riposo di un giorno a MANALI e poi via altre 12 ore di fuoristrada per raggiungere la località di partenza sulla riva destra del ZARACHU. Il trekking ha inizio a WHISKEY BRIDGE, quota 4200 m. perciò senza il minimo acclimatamento, arranchiamo con il fiato corto ed un forte dolore alla testa, che ci accompagneranno per qualche giorno, fino a quando il nostro organismo non si adatterà all'altitudine. Fin dal
primo giorno, l'itinerario si rivela fantastico, il territorio è incredibilmente vario e colorato, le distanze smisurate, e gli spazi dilatati all'inverosimile. Ci attendono qualche centinaio di km con alcune tappe di 30-40 km, notti freddissime e giornate calde, ma vissute intensamente, con il fiato sospeso, faticato, ma gioendo per ciò che quotidianamente sfila davanti a noi. Superiamo diversi passi oltre i 5000 m. ed in questi luoghi incontriamo e percepiamo la sacralità del Buddismo; bandierine di preghiera, Chorten (piccoli tempi votivi) e moltissimi muri "mani" accompagnano i nostri passi. In dodici giorni di cammino, incontrando solamente alcuni pastori nomadi, raggiungiamo il campo base del Kong YATSE a 5300 m.; il giorno seguente tenteremo l'ascensione, lungo il ghiacciaio e la cresta NORD-OVEST. Durante la notte il tempo peggiora bruscamente, fa molto freddo, nevica, ed il sonno è disturbato dalla quota e dal vento che agita le tende. Al mattino presto parliamo in due, il terzo si ferma al campo avendo passato una brutta nottata; saliamo veloci cercando di riscaldarci sino a 5600-5700 m. poi il respiro affannoso e corto ci ricorda dove siamo, il passo si fa più lento e cadenzato, mentre il ghiaccio sotto ai ramponi si fa duro e verde. Alle 11 del mattino il tempo si rimette al brutto, siamo in prossimità dell'anticima ovest a circa 5900 m. quando di comune accordo decidiamo di rientrare al campo base, dove arriviamo qualche ora dopo. Il giorno stesso scendiamo ai 4700 della ventosa piana di Nimaling, un ultimo sguardo alla montagna ora ricoperta da nubi cariche di neve, e piantiamo velocemente le tende accanto ad altri gruppi di trekker, e godiamo dopo giorni di isolamento, della numerosa compagnia. Due giorni ancora e siamo a Leh, dove ha vissuto per un certo periodo il Dalai Lama, fuggito dal vicino Tibet durante l'occupazione cinese.
La città ci avvolge completamente con la sua mistica sacralità regalandoci giorni importanti, riposti nel cuore e nei ricordi, che spesso riemergono accompagnandoci serenamente tutti i giorni, anche quelli a venire.

Tratto da "Alta Carnia" febbraio 2002.


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