Olimpiadi. Di Centa dedica il secondo posto alla famiglia e al suo paese
(Giancarlo Martina)

«Non è stata un’occasione buttata. Bene anche così»

«Finalmente è arrivata la medaglia. E che medaglia!» Giorgio Di Centa è felicissimo, anche se l’oro era lì a un niente. «Eravamo preparati anche a questo. Sono contentissimo così. Questo risultato mi ripaga di tutto. E' dall’eta di sei anni che scio e sono arrivato a 29 per raggiungere il grande risultato. Dedico questa medaglia d’argento, innazitutto, alla mia famiglia, a tutti i compaesani di Paluzza e di Treppo Carnico e a tutti quelli che ho disturbato durante gli allenamenti con gli ski roll facendo imprecare più di qualcuno. Valeva proprio proprio la pena affrontare tanti sacrifici per arrivare a questo traguardo».
La tua è stata una frazione molto delicata.
«Dopo il cambio con Maj, sono partito tranquillo ma deciso a non perdere di vista il norvegese. Al primo giro, la rimonta di Verpalu che si è trascinato dietro tutti, e meno male che l’estone ha insistito così l’austriaco, il russo e gli altri si sono staccati e sono arrivato al cambio in quarta posizione, ma vicino a Verpalu, a una decina di secondi dal tedesco e con un distacco colmabile dal norvegese che era in testa».
Hai avuto qualche momento d’incertezza?
«No, ho sempre tenuto la situazione sotto controllo, specie quando è arrivato Verpalu ho capito che bisognava sgranare gli inseguitori e ci sono riuscito».
Poi, è stato Pietro Piller Cottrer a lasciare di sasso il tedesco andando sotto alla Norvegia.
«Pietro è stato grande. Ha fatto la cosa più bella di tutta la gara andando fino sulle code del norvegese per mandare in pista Christian Zorzi a pedinare Alsgaard».
Un dieci e lode a Pietro Piller Cottrer, agli altri due compagni di squadra che voto dai?
«A tutti il massimo, Fabio Maj in prima frazione è stato bravissimo, si è difeso con autorità e ha saputo accelerare al momento giusto per cominciare a lasciare indietro i clienti più pericolosi; Christian Zorzi è stato perfetto. Ha dovuto vedersela con uno dei più grandi al mondo al quale ha dovuto inchinarsi sul filo di lana. Su di lui c’è stata una grande pressione. Che dire? Abbiamo sognato l’oro fino alla fine, ma non credo sia stata un’occasione persa. Ed è stato molto bello anche così».


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