La Strada Romana di Monte Croce Carnico
Mirta Faleschini

La via che da Timau sale al passo di Monte Croce Carnico è stata sicuramente percorsa sin dall'epoca preistorica. Ne fa fede il rinvenimento, alcuni anni fa, di pochi ma significativi manufatti in selce, datati al Mesolitico recente e ritrovati presso la pista di fondo in località "Laghetti". La frequentazione della nostra montagna in epoca mesolitica è attestata anche altrove, nella zona di Pramollo e di Casera Valbertad;
 
sembra che piccoli gruppi di cacciatori risalissero la montagna durante la bella stagione all'inseguimento della selvaggina, che qui aveva trovato il suo habitat ideale dopo l'ultima grande glaciazione (1). La presenza di zone umide in prossimità di valichi, permetteva inoltre ai cacciatori del Mesolitico di insediarsi e di controllare i branchi di selvaggina o l'arrivo di eventuali nemici (2). In seguito, durante il Neolitico, con l'inizio della rivoluzione agraria, l'uomo predilesse le zone di pianura, più adatte alla coltivazione; i valichi e i passi montani vennero probabilmente usati solo come vie di transito dall'uomo neolitico, e così fu fino all'età dei metalli, quando la montagna venne nuovamente frequentata per la ricerca di vene metallifere. La presenza di miniere nella zona del Pramosio, sopra Timau, non dovette forse passare inosservata: il Gortani e l'Anelli, infatti, ci raccontano dell'esistenza di una strada che definiscono "preromana" e che attraversava la sella di Pramosio (3).
 
Finora, comunque, non ci sono stati rinvenimenti certi, attribuibili a quest'epoca, che comprovino la presenza dell'uomo. Notizie sicure si hanno a partire solo dalla seconda età del ferro. A quel tempo la nostra zona dovette essere frequentata, come via di transito, dagli antichi Veneti che avevano stretto legami commerciali e culturali con le popolazioni residenti ai piedi del versante settentrionale del passo; la via che risaliva il Monte Croce Carnico fu allora il percorso obbligato, nonchè il più breve, che i Veneti seguivano per giungere a Gurina e alle miniere dello Jaukenberg (4). Con l'arrivo dei Romani ed il loro progressivo sostituirsi ai Veneti nelle transizioni commerciali, il passo di Monte Croce Carnico acquisì importanza come via di comunicazione, importanza data anche dalla fondazione, alcuni chilometri più a valle, del principale centro romano della Carnia: Iulium Carnicum. Una prima strada dovette così occupare la precedente pista protostorica, una strada che potesse venir utilizzata non solo da animali da soma e uomini, ma anche da carri per le merci. Non sappiamo con sicurezza quando venisse stesa; le fonti di allora ce la descrivono come via per compendium della strada che risaliva il Brennero e che fu stesa nell'ultimo ventennio dell'era antica (5).
 
Via per compendium quindi, cioè strada che abbreviava il percorso che, oltrepassato il passo del Brennero, risaliva la valle della Drava fino ad Aguntum presso Lienz.
Di una prima ristrutturazione della strada ci parla l'epigrafe più antica, quella detta di Respectus (Fig. 1 , Fig. 11), che si trova, ormai molto rovinata, a pochi metri dal valico, quasi all'imbocco della stradina che porta alla casera di Collinetta (6). L'epigrafe è datata alla seconda metà del II secolo d. C. e si trova alla sommità del percorso romano più antico che risaliva il versante destro del rio Collinetta (Tav. 1,A), inizialmente lungo la sinistra del rio Monumenz (Tav. 1,C), girava poi ad est passando sotto il gradone roccioso che ha origine ai piedi del Coglians con il nome di "La Scaletta" (Tav. 1,E) e che conduce al ripiano erboso di Casera Collinetta di Sotto (Tav. 1,D).
 
Qui sono ancora visibili i solchi arrotondati dal passaggio dei carri, ma sicuramente incisi inizialmente per facilitare l’incasso delle ruote in punti particolarmente critici, come salite e discese situate in prossimità di curve. Una prima coppia di solchi (Fig. 2) si trova in un punto abbastanza pericoloso e cioè dove il sentiero, che costeggia il rio Collinetta, dopo aver aggirato una piccola altura scende verso il corso d’acqua con una certa ripidità; qui sicuramente, in epoca romana, era presente un ponte, forse di legno, del quale non rimangono più tracce (7). Un altro solco (Fig. 5) è visibile nei pressi dell’epigrafe, davanti al muro innalzato durante la Grande Guerra; la strada, dunque, si dirigeva verso il fondovalle del valico e proseguiva in territorio austriaco, dove gli studiosi hanno rinvenuto chiare tracce del suo percorso (8).
 
La ristrutturazione alla quale accennava l’epigrafe di Respectus non dovette servire a molto; purtroppo questo tracciato percorreva una zona tuttora soggetta a forti dilavazioni del terreno ogni qualvolta ci sia un alluvione. A tutt’oggi il sentiero funge, nel suo tratto inferiore, da canale per lo scorrimento di acqua piovana, mentre in alcuni punti si sdoppia, indicando così che è stato ritracciato più volte, nel corso del tempo, dalla gente che lo percorreva per salire alle malghe. Il tratto che accede al pianoro erboso, poi, si trova in una zona interessata anch’essa da frane e smottamenti: qui il sentiero si fa veramente stretto, specialmente nel punto in cui oltrepassa il gradone roccioso della Scaletta; probabilmente era così anche in epoca romana (9): non ci risulta, infatti, che esista una via altrettanto breve per il passo (10).
 
Fu così che, forse all’inizio del III secolo d. C., venne stesa una nuova strada, con un percorso diverso. Questa aveva con la precedente un tratto comune che da Timau portava fino a Mercatovecchio (Tav. 1,F); da qui, però, mentre la prima strada proseguiva verso ovest e, prima della salita, attraversava il rio Collinetta, questo nuovo percorso, da Mercatovecchio, cominciava ad inerpicarsi lentamente lungo il versante orientale, a sinistra del rio Collinetta; è ancora visibile, superata la statale nei pressi della casa cantoniera, un tratto di sentiero (Fig. 6), abbandonato ed imboschito, che prosegue in salita (Tav. 1,B). Questo versante è sicuramente più erto dell’altro ma geologicamente più compatto; prova ne sia che ospita attualmente la strada statale costruita negli anni Trenta.
 
Nel suo tratto più ripido, al di sotto del valico, la strada romana era probabilmente agevolata da alcuni tornanti; giungeva così non all’attuale livello del valico, ma una cinquantina di metri più sotto, in località “Campo sportivo” (Fig. 7), un piccolo pianoro erboso limitato dal rio Collinetta che da qui precipita verso valle.
Una possibile traccia della strada è forse visibile qui in mezzo ad un boschetto di abeti. Lasciato il campo sportivo la strada risaliva verso il passo (Fig. 8).
L’esperienza aveva insegnato ai viaggiatori dell’epoca che il fondovalle del passo, nella stagione del disgelo o delle piogge, poteva trasformarsi in un acquitrino a danno così dei carri, le cui ruote sprofondavano nel fango;
 
ecco quindi che la strada, nel suo ultimo tratto, non seguiva il percorso tracciato in precedenza, quello che passava davanti all’epigrafe di Respectus, ma, dopo essersi intersecata con questo, proseguiva risalendo ancora un poco ed attraversando il passo a mezza costa. Ed è qui che si trova ancora la seconda epigrafe, quella denominata di Hermias (Fig. 9, Fig. 9a, Fig. 12), che prima della Grande Guerra si trovava, com’è logico, ad un paio di metri di altezza rispetto al piano di calpestio, mentre ora, dopo gli sconvolgimenti avvenuti in seguito alla costruzione della casermetta, si trova ai piedi di chi l’osserva (11). Quest’ epigrafe, datata a partire dall’inizio del III secolo d. C. ed ancora abbastanza leggibile, ci parla di una via nova che sostituiva il tratto precedente dove avveniva l’attraversamento di un ponte pericoloso. Questo risulta di estremo interesse per la nostra ricerca, in quanto l’espressione via nova può essere con buone probabilità riferita veramente ad un nuovo tratto di strada; l’espressione operis aeterni, inoltre, ben si addice ad una grande opera stradale.
 
In quanto al ponte pericoloso, di cui accenna l’epigrafe e che sarebbe stato evitato dalla nuova strada, il pensiero corre ai due ponti che, secondo il tracciato della vecchia strada, dovevano per forza attraversare il rio Collinetta e che si trovavano in due punti (uno, appena prima che il corso d’acqua precipiti lungo l’erto pendio e l’altro appena prima che confluisca nel rio Monumenz) particolarmente pericolosi in caso di acque abbondanti (12). Come si è accennato, il versante risalito dalla nuova strada è stato occupato dalla statale 52 bis che porta in Austria; questa strada, costruita in epoca fascista, ripercorre, in alcuni punti, il tracciato preesistente, del quale, però, alcuni tratti sono ancora presenti nei pressi dei tornanti più alti e sono posti a strapiombo sul rio Collinetta.
 
Il vecchio tracciato è visibile anche nella prima cartografia IGM datata al 1921-23: la strada superava il punto più ripido con l’ausilio di quattro tornanti, due dei quali, appunto, costeggiavano la forra del torrente; giungeva quindi al pianoro di “Campo sportivo” e da qui, risalito l’ultimo dislivello, voltava a destra in direzione del passo. Il Klose affermava di aver rinvenuto, lungo questa strada, le tracce dell’antica via romana e paragonava la tecnica stradale di questa con il tratto presente in territorio austriaco, trovandola del tutto simile (13). Sicuramente la strada tracciata dagli antichi romani nella salda roccia di questo versante non ebbe bisogno di subire cambi di percorso; venne probabilmente allargata in alcuni tratti e, a partire dall’epoca tardo medioevale, funse da strada commerciale per il trasporto della legna verso Venezia e i porti adriatici (14).
 
Abbiamo detto che il primo tratto di strada era comune ai due percorsi fino alla località Mercatovecchio; qui si trova un’altra epigrafe, la più recente, in quanto è datata con sicurezza al 373, epoca in cui regnavano gli imperatori Valentiniano e Valente (Fig. 10, Fig. 10a, Fig. 13); Il testo dell’epigrafe menziona l’apertura di un tratto stradale dove già in precedenza gli uomini e gli animali passavano in situazione di pericolo (15); si può pensare anche qui ad una ristrutturazione o ad un allargamento della strada in un suo punto sfavorevole, ma quale sia questo non ci è dato di sapere.
Se un logico confronto sulla posizione delle due precedenti epigrafi ci indica che l’iscrizione veniva apposta alla fine della via rinnovata o ricostruita, allora possiamo, con molta incertezza, pensare che il tratto stradale menzionato dalla terza epigrafe possa essere quello che da Timau risaliva sino a Mercatovecchio; lungo questo percorso sono ancora visibili, in mezzo al bosco i solchi carrai, che testimoniano, senza alcun dubbio, la presenza della strada romana. La strada, proveniente da Paluzza, risaliva la valle percorrendo, con buona probabilità, la riva sinistra del torrente Bût; già alla fine dell’Ottocento il Meyer era convinto, anche in base al rinvenimento di un’iscrizione, del passaggio della strada romana per l’attuale centro di Timau (16).
Secondo una notizia degli abitanti del luogo, sembra che alcuni resti del tracciato siano presenti anche a Rivo, sempre in sinistra idrografica.
 
Sono, queste, tutte notizie che attendono conferme più puntuali; così come sarebbe utile rintracciare la presenza di testimonianze lungo i percorsi ipotizzati, e cioè in località “Campo sportivo”, o presso i tornanti della vecchia strada o, ancora, lungo quella che potremmo chiamare “Strada romana alta” (Tav. 1,A) ma che, in molti tratti, ha ben poco ormai del percorso viario. Ora l’imboschimento dovuto all’abbandono della montagna, le forti piogge ed altri agenti atmosferici rischiano di cancellare definitivamente le tracce di quella che fu un’importante via imperiale, e con esse la possibilità di verificare quanto è stato detto a proposito.
 
 
 
   
Note  
1 Anche all’epoca i fondovalle erano abitati da cervi e caprioli, mentre in alta quota
vivevano camosci e stambecchi.
2 BRESSAN 1984, p. 34 ss.
3 GORTANI 1924-25, p. 159: “ed avanzi (dell’epoca neolitica o dell’epoca del bronzo?) furono rinvenuti di una strada che da Timau per la sella di Primosio conduceva a Gurina, come pure dell’altra che, passato il valico di monte Croce, costeggiava a destra il rio Valentina e scendeva in fondo alla valle del Gail presso Mauthen.”. ANELLI 1954-57, p. 43: “avanzi di un’antichissima strada preromana si riconobbero attraverso la Sella di Pramosio, sopra Timau,...”.
4 PICCOTTINI 1990, p. 287. Le miniere furono sfruttate anche durante la prima guerra mondiale.
5 BOSIO 1991, p. 173.
6 C.I.L. V, 1864. Respectus, T(iti) Iul(ii) / Pers[e]i c(onductoris) p(ublici) p(ortorii) (et?) vecti / gal[is] Illyr(ici) ser(vus) vil(icus) / stat(ionis) [T]im[av]ien[sis], / [it]er in[vium- - - -] / ter conme[antes pe] / riclitabant(ur) [ad ius] / tam stabi[litatem - -], / Sex(to) Erbo[nio - - - -]. (BANDELLI 1992, p. 190 s.).
7 Del rinvenimento di un ponte fa menzione il Gregorutti quando parla di “...vestigi di un ponte...” scoperto ai suoi tempi dal dottor Cumano “...ad un miglio in là verso Colline...” (GREGORUTTI 1884, p. 374).
8 Hanno studiato il tracciato: MEYER A. G. 1886, Die alten Strassenzüge des Obergailthales und seiner Nachbarschaft, Dresden; KLOSE O. 1910, Die Römerstrasse über den Plöckenpass (Monte Croce), in “Jahrbuch für Altertumskunde”, IV, p. 124 ss.; CARTELLIERI W. 1926, Die römischen Alpenstrassen über den Brenner, Reschen-Scheideck und Plöckenpass mit ihren Nebenlinien, in “Phi-lologus”, Supplementband, XVIII, Heft I, Leipzig.
9 Qui il percorso veniva probabilmente ampliato e reso agibile al passaggio dei carri con l’utilizzo di sostegni di legno, quasi una sorta di ponti sospesi nel vuoto.
10 Altri due sono i passaggi che, risalita la Scaletta, giungono al pianoro di Casera Collinetta di Sotto ma sono troppo distanti dal passo e allungano il nostro percorso di un buon tratto. Quello più ad ovest, “La Scaletta” (che tempo fa, forse, stava ad indicare tutto il gradone roccioso che delimita il soprastante ripiano) è attualmente attraversato dal sentiero n. 146 del CAI. Un altro passaggio è visibile solo sulla tavoletta IGM del 1921 e prendeva inizio dagli edifici diroccati (costruiti durante la Grande Guerra), che si trovano lungo la mulattiera che porta alla Casera Val di Collina (sentiero n. 148 del CAI); attualmente il passaggio è percorribile solo per alcune decine di metri, poi si perde tra la vegetazione.
11 C.I.L. V, 1863. [I(ovi) O(ptimo)] M(aximo) / [Triviis Quadri]viis ceterisque dibu[s] (!) / aram c[u]m [sign]o, solemne votum, di[c(avit)] / Hermias, succeptor (!) operis aeterni, [et?] / titulum immanem, montem Alpinum / ingentem, litteris inscripsit, quot (!) saipe (!) / invium, commiantium (!) periclitante / populo, adpontem transitum non / placuit cur<i>ae et Attio Braetiano / q(aestori) eorum, viro ornato, viam nov(am) / demonstrante Hermia. Multani / mis fides operisque paratus - una / nimes omnes - hanc viam explicuit. (BANDELLI 1992, p. 191 ss.).
12 Vedi sopra nota n. 7.
13 KLOSE 1910, p. 135b ss. Purtroppo la situazione non è più verificabile, a meno che non si rinvenga qualche traccia lungo i brevi tratti di tornante ancora presenti.
14 Il canonico Andrea Somma, parroco di Piano d’Arta nel secolo scorso, ci lasciò un manoscritto con vari cenni storici dove riporta la notizia dell’apertura, da parte dei sigg. Cozzi (di Paluzza?), della strada della legna che permetteva di accedere al passo; in tale occasione fu rinvenuta anche una moneta d’oro dell’imperatore Graziano. E’ ipotizzabile, comunque che, qualsiasi fosse la strada in questione, si trattava dell’ampliamento di un percorso preesistente (ne è prova il rinvenimento, lungo il tracciato, della moneta romana). (SOMMA 1833).
15 C.I.L. V, 1862. Munificentia D(ominorum) Aug(ustorum)que / n(ostrorum [[trium]] duorum) hoc iter, ubi homines et / animalia cum periculo / commeabant, apertum est, / curante Apinio Program / matio cur(atore) r(ei) p(ublicae) Iul(iensium) Kar(norum), / D(ominis) n(ostri tribus) (!) Valentiniano / et Valente Aug(ustis duobus) (quartum) co(n)s(ulibus). (BANDELLI 1992, p. 188 s.).
16 MEYER 1886, p. 106. “Gegen Timau herauf, wo sich die Strasse in die Nähe eines Felsen wendet, findet man einen freiliegenden Steinblock, welcher angeblich eine römische Inschrift trägt,...Dass die Römerstrasse da zog, wo heute Timau steht, ist nicht zu bezweifeln, denn bei der Enge des Thales und den senkrecht ansteigenden Felsen blieb keine andere Möglichkeit,...”. Dell’epigrafe menzionata dal Meyer non si sa più nulla; anche il Grassi parla del rinvenimento di alcune epigrafi rupestri oltre a quelle a quelle già presenti; purtroppo si è persa qualsiasi traccia circa l’esatta ubicazione (GRASSI 1782, p. 10).
   
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