L’orso ritorna sulle nostre Alpi
(L.S.)

Un libro di Bianca Agarinis Magrini e di Stefano Filacorda

Chissà cos'avrebbe detto la buonanima di Giobatta Lupieri di Luint, medico e gran cacciatore d'orsi, se avesse saputo che, dopo tanto lavoro, tra gli ultimi bagliori dell'epopea napoleonica e il plumbeo clima della Restaurazione, il suo nemico vinto, i carnici l'avrebbero fatto tornare in campo? Che al tempo dei suoi pronipoti si sarebbe attivato il progetto comunitario Life Natura "Misure urgenti di conservazione di grandi carnivori nell'arco alpino"? Lupieri è il personaggio centrale della prima parte di La pelle dell'orso, libretto edito da Il campo. Bianca Agarinis Magrini, incrociando i suoi carteggi con note amministrative, ne ricostruisce la figura di bounty hunter, e, attraverso questa, la diffusione dei plantigradi nella Val Tagliamento.
Fruttava un po’, l'abbattimento di un orso, meglio ancora di un’orsa, visto che il governo austriaco aveva fissato una taglia rispettivamente di 30 e di 40 fiorini. Per attestare l'avvenuta eliminazione di quello che all’epoca era considerato il più dannoso e pericoloso dei nocivi, doveva venir inviata a Udine la zampa posteriore destra. La pelle (che poteva valere, sul mercato, quasi quanto il premio), andava poi bollata a cura della delegazione comunale, che attestava anche se l'animale era di sesso maschile o femminile (il fatto che i capi uccisi dal Lupieri nel corso della sua intensa attività fossero esclusivamente del secondo tipo, che valeva un terzo in più, non insospettì più di tanto l'ordinata amministrazione asburgica).
Oltre ai soldi, c'era anche la riconoscenza dei valligiani. Pastori e agricoltori che vedevano le loro fonti di sostentamento messe in pericolo, ma anche possidenti di un certo status. «Nella tavela di Illegio vi sono tre orsi due piccoli, e uno assai grande. Questo grande ogni sera viene nella campagna a devastare il sorgoturco, e fu fugato già due sere», scrive a Lupieri la tolmezzina Angela Calza in Linussio, nipote acquisita del grande Jacopo. «Venghi ella con le sue arme e quella compagnia che le piacesse a fare il bel colpo. Sarebbe ben contento mio Marito se le facesse compagnia il celebre cacciatore d'orsi signor Giovanni Toscano suo zio; potrebbe questo signore colla sua esperienza e bravura fare la decima quarta presa di un sì fiero animale», continua la Linussio. «Mio Marito farebbe un inno a Diana, e innalzerebbe alle stelle il valore del signor suo zio con un sonetto. Favorisca dunque di fargli l'invito e lo assicuri del massimo nostro piacere, e intanto lo riverisca per conto di tutti noi».
Stefano Filacorda, nella seconda parte del volumetto, fornisce alcuni ragguagli di carattere biologico, ecologico ed etologico sull'orso bruno, facendo poi il punto sul ripopolamento e sugli avvistamenti di capi che, a novant'anni dall'ultima uccisione documentata (a Sauris, nel 1911), si stanno verificando in tutto il territorio (l'ultimo lo scorso anno, a Casera Lovinzola, sul Verzegnis). Oggi ormai la Carnia ha assunto – o riassunto – il doppio registro di zona di transito negli spostamenti da est a ovest, ma anche di insediamento e svernamento. A quest'ultima funzione si prestano particolarmente le zone di Pieltinis-Col Gentile-Bivera-Razzo; Crostis-Peralba-Cimòn; Pramosio-Val Dolce e Cereschiatis.
Va da sé che a favorire la ricomparsa, è la vicinanza con la Slovenia. A differenza dall'Ue, dove è protetto, l'orso nella vicina Repubblica è ridiventato specie venatoria, con un tetto di sessanta capi abbattibili annualmente. Ciononostante la consistenza della specie è in crescita, ed è passata dalle 150 unità degli anni '60 alle 300-350 dello scorso decennio, grazie alle colonie delle grandi foreste, tra cui spicca quella del Monte Nevoso (dove la densità si avvicina a un animale ogni 10 kmq, tra le più alte del mondo).
Da ricordare, in La pelle dell'orso, la bella prefazione del collega Umberto Sarcinelli, che considera i grandi risvolti simbolici e totemici dell'animale, «uomo tra gli uomini come l'uomo è animale tra gli animali».

La pelle dell'orso di Bianca Agarinis Magrini e Stefano Filacorda. Edizioni Il campo, 60 pagine – 7,74 euro.


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