Alpine friulane in Bosnia
(Andrea Romoli)

Stanno per partire dalla caserma Feruglio di Venzone con il 14¼ reggimento, in missione di pace
Stefania Rovis di Ovaro e Laura Bertuzzi: «Siamo pronte anche a sparare»

Essere Alpini non è mai stato facile. Esserlo a 20 anni se si è una ragazza nata e cresciuta in Friuli è anche più difficile perché si finisce per portare sulle spalle il peso di una tradizione di sacrificio e onore che ormai dura da quasi un secolo e che rischia di scomparire. Difficile dire se Stefania Rovis e Laura Bertuzzi abbiano la consapevolezza di tutto questo certo che basta fare quattro chiacchere con loro per comprendere con quanto scrupolo e determinazione si stiano preparando a quelle che sarà probabilmente la prima grande avventura della loro vita: la missione in Bosnia con il 14° reggimento alpini.
Stefania e nata a Ovaro 23 anni fa ha un diploma in pedagogia mentre Laura ha 22 anni e il diploma lo prenderà al ritorno dalla missione. Per entrambe quella alpina è una scelta di vita, fatta con convinzione e con la passione che solo una donna sa mettere in ciò che fa. Anche se decide di fare il più maschile di tutti i mestieri: quello del soldato.
«Non è facile per una ragazza fare questa vita – dice Stefania – in addestramento mi è capitato di non potermi lavare per dieci giorni e se per un uomo questo è già un grosso problema per una donna le esigenze di igiene sono anche maggiori. Ma ci si adatta a tutto e quello che ti sarebbe sembrato impossibile solo un mese prima impari presto a farlo con assoluta semplicità».
«Certo che a volte ti capita di sentire il bisogno di ritrovare quell’intimità che nella vita di caserma è impensabile – aggiunge Laura – è per questo che ho preso casa a stazione Carnia vicino a Venzone, per poter ritrovare qualche momento tutto per me.»
Quelle cui i nostri soldati sono chiamati nei Balcani sono missioni di pace ma resta il fatto che in zona d’operazioni ad un soldato può essere chiesto di sparare e uccidere. Il nostro è uno dei pochi eserciti al mondo che ha deciso di equiparare perfettamente le funzioni fra uomini e donne con le ragazze impegnate in prima linea con i loro colleghi maschi.
«Se dovessi far fuoco per difendere la mia vita o quella dei miei compagni lo farei senza difficoltà - dice Laura –, sono una ragazza certo ma credo di avere lo stesso coraggio di un uomo e questo che mi si chiede ed è questo che dimostrerò di saper fare.
«Anche certe piccole galanterie che nella vita civile normalmente apprezzavo molto qua mi risultano un po’ sgradite – aggiunge Stefania – non voglio che gli uomini siano gentili e servizievoli con me solo perché sono donna. Voglio dimostrare di saper fare tutto da sola come gli altri e se qualcosa fosse superiore alle mie forze non vorrei essere aiutata perché questo mi impedirebbe di comprendere quali sono i miei limiti e superarli.»
Ma come vivono queste ragazze il rapporto con i loro colleghi fino a pochi mesi fa padroni incontrastati del mondo militare?
«Quando siamo arrivate in caserma ci hanno squadrate da capo a piedi e ci sentivamo tutti gli occhi addosso – ricorda Stefania -. Dopo un po’ si sono abituati a noi e col tempo hanno finito per considerarci parte del gruppo».
«Certo che ancora oggi c’è un forte spirito competitivo – aggiunge Stefania – ma noi teniamo botta e credo che sia proprio questa voglia di dimostrarci l’un l’altro quanto siamo in gamba che finisce per far crescere l’intero reparto».
E tutte queste polemiche sulla fine della Leva che finirebbe per distruggere la tradizione alpina?
«Sciocchezze - conclude Stefania – il mio ragazzo è di Lecce fa servizio nel battaglione alpini paracadutisti e in montagna ci va benissimo. Io però non sono da meno».
Volontà di ferro e voglia di far bene non sono state queste da sempre le caratteristiche dei veri alpini?
Le ragazze del 14° sembrano pensare di sì e se anche i loro colleghi maschi in Friuli dimostrassero lo stesso attaccamento alla tradizione alpina tutti gli allarmi che periodicamente vengono sul futuro delle Penne nere sarebbero assolutamente infondati.


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