Lo "Strolic" è a quota 83. Sarà presentato oggi, alle 18, nel salone di palazzo Belgrado
(Gian Paolo Gri)

A Udine si rinnova ancora una volta la tradizione degli almanacchi che affonda le proprie radici nei secoli scorsi

Puntualmente, per Santa Caterina, la Società Filologica Friulana presenta il suo Strolic. Si tratta dell'ottantatreesimo numero, a dire di una tradizione ormai consolidata e di un appuntamento atteso.
Gli almanacchi hanno naturalmente una storia più antica, anche in Friuli. La loro stagione vera si colloca fra Sette e Ottocento, quando la loro pubblicazione rispondeva a importanti aspetti pratici per il mondo contadino, a intenti pedagogici, a presupposti ideologici e politici anche contrastanti, di conservazione o di riforma sociale e socio-economica. Divennero un vero e proprio genere letterario dalle caratteristiche e dai toni complessi che spaziano dall'ironia di Leopardi all'alta lezione civile di Carlo Tenca, fino al sorriso bonario del nostro Pietro Zorutti. Anche in Friuli la "stagione degli almanacchi" (studiata di recente con perspicacia da Renzo Pellegrini) ha conosciuto una grande ricchezza di esiti: dopo il Guardafogo settecentesco dell'editore Murero e accanto agli Strolics zoruttiani (dei quali la pubblicazione della Filologica voleva essere, agli inizi, una sorta di continuazione ideale, tanto da giustificare la nascita polemica poi dello Stroligut pasoliniano), vanno ricordati almeno i lavori di Giuseppe Ferdinando del Torre con la collaborazione anche di Caterina Percoto, Gherardo Freschi, Toni Broili, Pieri Savi Velen, Carlo Favetti, Ferdinando Comelli, Guido Podrecca.
Rispetto a quella stagione ottocentesca, dove il genere aveva profonde ragioni sociali d'essere, non è stato certo facile pensare e scrivere uno Strolic "fuori stagione" (anche se gli astrologi sono via via tornati di moda), farlo durare anno dopo anno lungo il Novecento, condurlo fino a oggi, riproporlo in questa nostra stagione di calendari hard. Nella ormai lunga serie (la più lunga di ogni altra esperienza friulana in questo settore) dell'almanacco della Filologica, l'aspetto letterario è stato naturalmente ancor più privilegiato; ma è interessante vedere come poi i curatori abbiano saputo dare di volta in volta una coloritura e un tono particolare al volume che era fra le loro mani. Si è giocato con molte possibilità che il genere offriva (un genere per definizione orientato alla lettura piacevole, per cui anche i colpi bassi vanno accolti con il sorriso) e si è accentuato ora questo e ora quell'aspetto: si è privilegiata la rievocazione oppure la satira di costume, calcando il pedale della memoria oppure quello della contemporaneità, attingendo alla tradizione popolare oppure allo sperimentalismo.
Lo Strolic per il 2002 è curato da Ovidio Colussi e da Pier Carlo Begotti; accoglie testi friulani in prosa e in versi di oltre 130 autori. Gli argomenti sono i più vari; ma alcuni fili, attraverso rubriche che tornano mese dopo mese, garantiscono un po' di omogeneità alla raccolta, rendendone espliciti gli intendimenti. Il più evidente di questi fili è rappresentato dalle illustrazioni: quest’anno tocca alle varianti dell'euro, la moneta che per ultima sta venendo nelle tasche dei friulani, come si dice nel Preambul, dopo carantans, scheos, boros, svanzighis, pizzui, solts, ducats, denars, bagatins, gazetis, florins, doplons, zichins, frisanchês, napoleons, francs, talars, liris, sentesins, e altro ancora. Con le sue facce (una uguale per tutti gli stati dell'Unione, l'altra specifica di ognuno), l'euro viene utilizzato dai curatori come buona metafora della condizione linguistica del Friuli: unitaria per un verso e molteplice per l'altro, vitale proprio perché ricchissima di varianti locali, vitale finché queste varianti di zona e di paese resteranno attive e dinamiche. L'attenzione e l'amore per la complessità interna del friulano è dimostrata dalla scelta di offrire testi in 35 varianti, dando al lettore una significativa sintesi della ricchezza linguistica da tutelare e valorizzare come tale, contro ogni illusione accentratrice.
Un secondo filo rosso che dà unitarietà a questo Strolic è la scelta di presentare, mese dopo mese, testi in friulano scritti dai bambini delle scuole dell'obbligo, testi scritti dai partecipanti (adulti) ai numerosi corsi di friulano organizzati dalla Filologica, poesie in friulano premiate in concorsi nazionali. Ragazzi che utilizzano nella scuola una lingua ora anche ufficialmente riconosciuta, adulti che scoprono il gusto della scrittura in una lingua che hanno deciso di reimparare e di perfezionare, persone che utilizzano con abilità il friulano in forma creativa: sono tre livelli di vitalità del friulano che lasciano ben sperare, per i quali la Filologica sta investendo molto e che lo Strolic fa bene a presentare ora al pubblico, anche se la qualità complessiva delle scritture non è sempre delle più alte. Ma è una realtà in via di formazione, è una friulanità che si sta costruendo: e l'astrologo ha appunto il compito di dirci qualcosa del futuro.
Un terzo filo rosso è rappresentato dal condimento degli aforismi, sparso con abbondanza nelle pagine: tornano, si richiamano, riempiono le parti bianche, si fanno cercare, riaggiustano il tono quando qualche testo rischia la stonatura.
È stato detto che gli aforismi non dicono mai la verità, ma dicendo mezze verità in maniera intelligente svelano una verità e mezza. Capita così anche in questo Strolic: a essi è affidato il compito di ammiccare al lettore ricordandogli che pur sempre di un almanacco si tratta e non del Ce fastu; ma non per questo è minore la capacità di gettar l'occhio sulla realtà del Friuli e su tante stupidità del perbenismo. Il sorriso e l'ironia sono strumenti preziosi per illuminare almeno un po' le zone d'ombra del Friuli che i friulani preferirebbero non venissero mai in vista.


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