Salvate la grotta di Timau.
(Oscar Puntel)

Pochi sanno della sua esistenza, ma la grotta dei cristalli di Timau e’ una delle più’ belle realtà’ geologiche della Carnia . Scoperta alla fine degli anni ‘60, e’ sempre stata lasciata allo sbando. In passato si sono già’ perpetrati furti e atti vandalici.

La cavità contiene cristalli di calcite, che per la zona sono unici. Alto il rischio di altri scempi. Peppino Matiz, che l’ha scoperta, denuncia: "Atti di ignoti di gravità inaudita; una cosa del genere impiega 800 anni per formarsi". Allarme lanciato anche da Antonino Torre, presidente del Gruppo speleologico carnico: "In Carnia non ce ne sono di uguali. Ho chiesto al sindaco di Paluzza un’ordinanza per regolamentarne l’accesso. E’ l’unico modo per tutelarla"


Fino a trent’anni fa nessuno sapeva dell’esistenza, a Timau, di una grotta naturale, scavata nella montagna che sovrasta il paese dalla forza erosiva dall’acqua. La cavità è localizzata esattamente sopra il "Fontanon", punto in cui sgorga, dalle pareti del massiccio Gramspitz, una quantità d’acqua impressionante, che poi si immette nel fiume Bût. La sua scoperta è stata una casualità. Alla fine degli anni ‘60, un boscaiolo, gettando a fondovalle le sue legna, scoprì, suo malgrado, che queste sparivano, inghiottite dalla montagna. Fu dopo questa segnalazione che Peppino Matiz, di Casalisega, una piccola borgata sulla strada nazionale per Timau, decise di indagare e, perlustrando la zona, trovò sopra un anfratto nascosto, un pertugio. Si calò nella montagna, con l’uso dei "saulins", le corde sottili che servono per legare il fieno. La prima volta non riuscì ad entrare, quei lacci erano troppo corti. Ce la fece alcuni giorni dopo, utilizzando le corde più lunghe e robuste delle campane della Chiesa. E, sorpresa delle sorprese, arrivato in fondo ad un tunnel, scosceso 16 metri, scoprì tre cunicoli, ciascuno dei quali conteneva una marea di stalattiti e stalagmiti, un’infinità di cristalli di calcite quasi puri, capaci di riflettere la luce.
Subito fu battezzata "Grotta dei cristalli", subito iniziarono ad arrivare geologi ed esperti. 40 metri la sua profondità, per una lunghezza totale di 95. Piccolina, ma non per questo immune da attacchi vandalici. Immediatamente, infatti iniziarono ad essere perpetrati anche i primi scempi. Quel bene ambientale fu attaccato e saccheggiato neppure due anni dopo la sua scoperta.
"Individuai tre cavità, tutte ricche di cristalli di calcite. La terza galleria, la scoprii per caso, perché era più nascosta. Dentro trovai pieno di stalattiti "soffiate", lavorate dall’aria e dall’acqua. Poco più sotto c’era anche una grande stalagmite che pendeva dal soffitto. Il pavimento era tutto lavorato. Trovammo anche alcuni esemplari di grillo speleo, un insetto tipico di quel habitat" racconta Peppino Matiz. La grotta dei cristalli secondo gli esperti probabilmente fa parte di un sistema più complesso di caverne, collegate fra loro e da cui poi sgorga l’acqua del Fontanon. "Ci tornai poi una seconda volta, con un gruppo di speleologi di Udine e posizionammo una scaletta di acciaio per facilitare l’ingresso alle cavità. Fu il nostro errore più grande perché iniziarono gli atti vandalici".
I ladri deturparono quel patrimonio naturale, iniziando a rubare i cristalli, spaccando stalattite e stalagmiti. Anche quella grande della terza saletta è stata spaccata per prelevare i cristalli. "Atti di ignoti di gravità inaudita; – spiega Matiz – una cosa del genere impiega 800 anni per formarsi".
A lanciare ancora una volta l’allarme circa la possibilità che in futuro altri scempi possano essere commessi e chiedendo che venga posta una protezione a questo patrimonio ambientale ci ha pensato Antonino Torre, presidente del Gruppo Speleologico Carnico. Dopo aver preso atto della situazione di incuria cui versa la cavità ha preso carta e penna ed ha indirizzato al sindaco di Paluzza, nella cui competenza rientra l’area, una richiesta di intervento urgente per proteggere la zona. "Quelle grotte contengono dei cristalli di calcite che, per purezza sono unici. Il fenomeno di formazione cristallina nella grotta non si riscontra facilmente. In Carnia è l’unico caso che abbiamo", spiega Torre. "La cosa incredibile è che i cristalli che sono stati rubati, di per sé non valgono nulla, se presi singolarmente, se ne trovano ovunque e a centinaia. Avevano invece la loro importanza e il loro valore ambientale nel contesto della grotta".
Il monito è forte: la Carnia sta lasciando allo sbando un importante sito di interesse minerario e speleologico. "Sono anche disposto, qualora ce ne fosse bisogno, a far eseguire una perizia chimica o geologica del materiale lì contenuto. Io non ho intenzione di impedire l’accesso alla grotta, non avrei neppure la facoltà per farlo, perché è un bene collettivo. E’ chiaro però che come tale va protetto. Non possiamo lasciarlo lì, così facilmente esposto ad altri saccheggi. Ho chiesto al sindaco un’ordinanza per regolamentare l’accesso alla grotta dei cristalli" spiega il presidente. In pratica si tratterebbe di porre un cancelletto all’ingresso, lasciando ad un ente responsabile la chiave d’apertura, di modo che se qualcuno avesse intenzione di visitarla, possa aver liberamente accesso, chiedendo la chiave a chi la custodisce. "Si tratta solo di porre dei vincoli, allo stato attuale di incuria e abbandono cui è lasciata. E al rischio di ulteriori scempi" - insiste.
Il sindaco non ha ancora risposto alla missiva di Torre.
E’ una soluzione semplice, costa anche poco. E non dovrebbe neppure gravare eccessivamente sui bilanci comunali. "In più – fa sapere Torre – queste cavità sono molto interessanti anche dal punto di vista geologico, perché probabilmente appartengono a un sistema più grande di cavità interne percorse dall’acqua e che poi sgorgano nel "Fontanon". Paradossalmente è possibile che le grotte a noi note siano collegate con altre a noi sconosciute e che per adesso non siamo in grado di individuare". Matiz ventila pure la possibilità che milioni di anni fa quelle cavità fossero addirittura abitate: "Nella zona più impervia si vedono anche ossa e resti organici, che nessuno ha ancora studiato" riferisce.
La grotta dei cristalli rappresenta un esempio lampante di bene ambientale non tutelato, lasciato allo sbaraglio, abbandonato dalla tutela delle istituzioni. Nessuno restituirà alla comunità di Timau lo splendore della sua grotta com’era in origine. Nessuno potrà più vedere la gigantesca stalagmite. Ormai è troppo tardi. Non è ancora troppo tardi, invece, per impedire altre violazioni di un bene che va tutelato, perché è di tutti.

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