«In malga solo latte di montagna»
(Gino Grillo)

I trenta ettolitri portati a Montasio dal caseificio di Sutrio sono stati utilizzati per la confezione di yogurt e mozzarelle

Il presidente regionale degli allevatori Marini: «Nessuno ha intenzione di truffare i consumatori»

Latte in malga: tutto regolare per il commissario dell’associazione regionale allevatori, Pietro Marini, il quale replica duramente contro chi insinua che l’associazione possa cercare di truffare i consumatori vendendo in malga prodotti derivati da latte di pianura o fondovalle. Nel caso denunciato ieri sulle pagine del nostro giornale, si apprende che si tratta di Malga Montasio.
Secondo quando chiarito da Marini l'associazione allevatori pratica l’alpeggio, in Alto Friuli, nelle malghe di Casera Razzo e di Montasio. Proprio per questa ultima sono stati acquistati, il mese di agosto, 30 ettolitri di latte proveniente da un’altra malga della Carnia, per essere utilizzato sul gruppo delle Alpi Giulie. Un utilizzo immediato, non certamente per fare il famoso formaggio Montasio, che, ci viene assicurato, viene confezionato esclusivamente con latte proveniente da mucche pascolate sul Montasio stesso.
«La nostra associazione montica nei mesi estivi- ha chiarito Marini- dalle 500 alle 600 mucche in queste due malghe. Malghe troppo grandi per gli allevatori della montagna carnica: basti pensare che le mucche alpeggiate sono di proprietà di ben 87 allevatori».
Allevatori che vantano una media di mezza dozzina di capi cadauno e che non potrebbero monticare malghe con tanti ettari di pascolo. «L’associazione - continua Marini - ha un valore sociale, in quanto permette agli allevatori di non dovere accudire le mandrie, quando le bestie hanno poco latte, e preoccuparsi del taglio del fieno nel fondovalle per le esigenze invernali».
Le malghe durante l’estate richiamano diverse centinaia, migliaia di escursionisti. «Ma lassù non ci sono bar ed esercizi pubblici. L’associazione effettua nel mese d'agosto due feste sul Montasio. Una per i tenutari e una a fine mese dove partecipano oltre 3500 persone». Per soddisfare le esigenze di questa clientela, considerato che il latte del Montasio viene riservato per fare l’omonimo formaggio, il latte prelevato dal caseificio di Sutrio è stato destinato ad un uso alimentare immediato: yogurt, mozzarelle e formaggi a pasta fresca. Nessuna frode quindi, solo un agevolare le richieste di alimenti genuini, comunque di malga, di un mercato fatto per lo più di giovani che prediligono questi alimenti più freschi e leggeri.
«Chi fa certe affermazioni - controbatte alle accuse il commissario - dovrebbe pensare all'azione sociale che l’associazione allevatori svolge, nel pieno rispetto delle regole, assumendosi anche l’onere delle perdite di gestione della malghe stesse».


Chiesta per i prodotti la Denominazione di origine protetta. La Coldiretti: tutto genuino

«I prodotti caseari tipici della Carnia sono sicuramente fatti con latte prodotto in montagna, compresi quelli di malga». Lo afferma il presidente di Coldiretti della Carnia Gian Pietro Tomat che non ritiene possibile che in Carnia si utilizzi latte proveniente dalla pianura o che le malghe utilizzino quello prodotto nei fondovalle, anche se non esclude che qualcuno possa essere ricorso a questi sotterfugi. «La stragrande maggioranza degli allevatori e dei malghesi fa le cose seriamente — dice ancora Tomat — e qualche mela marcia non può certo danneggiare la cesta».
Coldiretti, che si preoccupa per gli effetti negativi che l’eventuale irregolarità di un singolo ("la Guardia di Finanza non ha scoperto ancora nulla di irregolare") potrebbe creare all’immagine di salubrità, di qualità e di tipicità che i prodotti caseari della Carnia, grazie al lavoro di centinaia di persone, si sono conquistati, qualora fosse confermata, non sarà certo tra coloro i quali difenderanno chi l’ha commessa.
«Per noi agricoltori di montagna — precisa Tomat — è di fondamentale importanza la tipicità, la riconoscibilità, la bontà dei nostri prodotti. È davvero la nostra unica arma per ottenere un reddito accettabile, visto che non possiamo certo puntare sulle grandi quantità. Per questo da anni ci battiamo per il riconoscimento dei nostri prodotti (Coldiretti chiede a questo proposito la Dop, la denominazione di origine protetta), che debbono essere assolutamente legati alla zona di produzione, pena la confusione delle nostre produzioni con quelle di altre aree. Il trasferimento di latte dalla pianura alla montagna è un processo che Tomat esclude totalmente.
«Semmai — precisa — è vero il contrario. Ci sono allevatori carnici che preferiscono vendere il latte, che è di ottima qualità, a primari trasformatori italiani, per il semplice fatto che pagano bene. Una scelta a volte obbligata (lavori di sistemazione delle latterie, per esempio), ma che noi come Coldiretti non condividiamo perché viene a mancare materia prima di qualità per le nostre produzioni».

www.messaggeroveneto.it


< Torna alla pagina di novembre