Carnici alla Vasaloppet
(Oscar Puntel)

Prendete una pista da fondo di novanta chilometri, un paesaggio da cartolina di Natale, lo spirito della maratona, il clima della festa e oltre diciannovemila partecipanti. Metteteli insieme, come in uno shaker. Chiudete gli occhi e vi sembrerà di stare in Svezia. Quello che ne esce è la Vasaloppet; una grande sfida con sé stessi, una competizione - spettacolo dove quello che conta è la voglia di divertirsi, facendo sport.
90 chilometri tondi tondi da percorre con la tecnica classica, quella del passo alternato. Una tratta lunghissima, interminabile per chi vi partecipa, la via che da Salen giunge fino a Mora, nell’austero freddo nordico. A prendervi parte, nell'edizione 2001, anche otto atleti dalla Carnia e da Sappada, accomunati dalla passione per lo sci da fondo.
Francesco Silverio di Cercivento, Ingrid e Franco Puntel di Cleulis, Teresa Puntel di Paularo, Andrea Cabrini di Udine, Gabriele Fauner, Franco Piller Hoffer e Ivano Zambelli di Sappada. Insieme hanno tagliato il traguardo della Vasaloppet 2001. Neppure il freddo del profondo nord li ha fermati.
Con una grande emozione nel cuore, una forte sensazione nel corpo, un altro desiderato e ambito traguardo raggiunto. Hanno visto la magia di quei luoghi, li senti parlare e ti comunicano le emozioni della gara, nei loro occhi vedi ancora quei distesi pianori nordici, i laghi ghiacciati, le case di legno coperte dalla candida neve, la pista che fende un bosco di pini. Sospesi fra leggenda e realtà. Come per uno sportivo. Come dovrebbe essere per qualsiasi altro sport. Quando la vittoria non è tutto, ma l'importante è esserci. E per loro, che vi hanno partecipato, questa maratona che richiama ogni anno migliaia di fondisti è stata davvero un obiettivo importante.
Insieme sono partiti venerdì 23 febbraio, con loro anche tre supporter organizzativi. Alcuni di loro quella pista l’avevano già provata, per altri invece era la prima volta. La trasferta verso quelle terre è avvenuta in furgoncino, fino a Kiel, in Germania. Poi un battello li ha trasportati fino a Gotegorg, sempre con l’immancabile furgoncino carico di cibo e rifornimenti. Da qui, rotta verso un paesino nei pressi di Mora, dove tutta la truppa ha alloggiato, fino al giorno della gara, in una casa in affitto. Per più di una settimana si sono sottoposti a duri allenamenti, alla ricognizione delle piste e al testing dei materiali da usare nella gara che si sarebbe svolta domenica 4 marzo. Forse il sacrificio più grande è però rappresentato dalla dieta dissociata cui si sono volontariamente sottoposti.
Il giorno della gara arriva il 4 marzo. La conca della partenza è stracolma di fondisti. Si contano più di diciannovemila presenze. I cancelli sono aperti dalle 6 e 30 del mattino, la partenza è fissata per le otto. Gli atleti d’elitè ci impiegano mediamente 4 ore e mezza. L’organizzazione non fa una piega, tutto è perfettamente ordinato.
Durante il percorso, rifornimenti e cronometraggi intermedi sono effettuati grazie a un particolare microchip, che ogni atleta porta addosso.
Teresa Puntel, artefice della trasferta in Svezia, spiega: “E’ stato tutto molto bello. La gara è molto dura. Novanta chilometri sembrano interminabili. Ma quando passi per tutti quei paesini, con quelle case in legno… Lungo la pista incontri la gente che fa il tifo per te. E’ un’atmosfera unica, è quello che ti sprona a non abbandonare la competizione, nonostante la fatica”.
Emozione che si aggiunge a emozione.
“Ripercorrere Salen – Mora di nuovo è stata un’emozione speciale, grande. La “Vasa” è uno dei sogni più ambiti di ogni fondista” racconta Ingrid Puntel. E’ la terza volta che affronta questa pista.
Lei, pettorale 17862, è la prima italiana a tagliare il traguardo; arriva ventiduesima, con un tempo di 5 ore, 22 minuti e 3 secondi. Ivano Zambelli, con il numero 28, si classifica invece cinquantanovesimo. Sono i risultati migliori del gruppo.
Competizione a parte, quello che è sembrato contare di più è stato lo stare insieme e condividere le stesse emozioni.
“Fra noi undici - spiega Teresa - c’era un clima di affiatamento, si era creata l’atmosfera della grande famiglia, dove ci si aiuta a vicenda. Per alcuni è stata la prima volta di un’esperienza del genere. Sono contenta soprattutto per loro”. Gli fa eco Ingrid: “La fatica è pienamente compensata dalle emozioni e dalla bellezza di quei luoghi. Il gruppo poi è sempre stato allegro e unito. Eravamo tutti desiderosi di tagliare il traguardo e di provare personalmente quello che da molti è stato raccontato”.
Martedì 6 febbraio, il ritorno a casa. Ma questi patiti del fondo avranno già in testa la partecipazione alla prossima edizione, quella del 2002. C’è da scommetterci.


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