La SECAB a Cercivento
(Oscar Puntel)

Da una parte lo sviluppo, dall’altra la tutela del territorio ambientale. Bel dilemma. Da una parte la Società elettrica cooperativa Alto But, con sede a Paluzza, gloriosa della sua storia, orgoglio dei suoi 1838 soci. Produce energia elettrica da 90 anni. Dall'altra i proprietari dei fondi terrieri in località «Braidis dal flum», a Cercivento.
In mezzo la costruzione di una condotta sotterranea che dovrebbe partire dalla centralina idroelettrica «Museis», proprio sopra «Braides dal Flum», per arrivare fino a Nojaris. E proprio qui dovrebbe sorgere una nuova centralina. In mezzo ci sono pure 12 miliardi di investimento.
Ma i cittadini non ci stanno e protestano. Mugugnano in primo luogo perché non sono stati avvertiti di nulla, perchè il tracciato previsto dal progetto risulta lesivo alla proprietà ed alla produzione agricola delle zone interessate dagli scavi, senza mettere in conto tutti i pietrami che una tale operazione porterebbe in superficie.
Portavoce della protesta è Paolo Bidoli di Cercivento, direttamente interessato dal passaggio dei tubi: «Non siamo stati avvertiti di nulla. Ma ci chiediamo: prima di fare un progetto non si chiede alla gente se è d'accordo? Noi in pratica resteremo solo padroni del cottico. La Secab vuol mettere questi tubi sotto terra, a 4 metri: e chi ce la coltiva poi quella terra? Doppio lavoro e doppia fatica per ripulire la zona dai grossi massi e magari impoverimento organico dell'humus. Uno di noi ha pure una coltivazione biologica di melo, che verrebbe frazionata dal passaggio del tubo, visto che sopra poi non ci potrà più impiantare nulla».
In Secab minimizzano il problema: «Sull'aspetto dell'informazione però vogliamo precisare una cosa - spiega Ferdinado Di Centa, direttore generale -: del progetto circa l'uso di quell'acqua si era iniziato a parlare già dal 1988. Poi fino al 1996 non s'è fatto nulla per via delle politiche statali in materia di energia elettrica. Da allora fino ad oggi, tutte le tappe del progetto sulla realizzazione della condotta sono state vistate dai consigli comunali interessati, pubblicate ai rispettivi albi e sui bollettini ufficiali della Regione. Nell'aprile del 2001 abbiamo chiesto di incontrare una delegazione dei proprietari terrieri. Ne è seguita un sopralluogo tecnico con il progettista e con il tecnico che si occupa delle servitù dei terreni Ed infine c'è stato un secondo incontro con la delegazione».
Tutta questo. però, a progetto già approvato. La concessione edilizia è arrivata l’11 dicembre 2000. «Ma non era logico incontrare i proprietari prima - riferisce il rappresentante della Secab -. Non avevamo neppure le autorizzazioni. Non potevamo sapere se la cosa fosse andata in porto». Ecco il punto dolente della questione. Il famigerato tubo implicherebbe uno scavo di tre metri di larghezza. Questa zona sarebbe coperta da servitù pesante. Cioè vietato costruirci sopra, coltivarci arbusti e cose del genere; Cinque metri per parte saranno coperti da servitù più leggera, meno vincolante. Altri 6 metri per parte la Secab li chiede, e li pagherà naturalmente, solo per un'occupazione temporanea, vale a dire per la distribuzione dei materiali durante l'opera di posa.
Le ruspe dovrebbero, dunque, agire all'interno di una fascia di 25 metri. I lavori dovrebbero protrarsi da quindici ai venti mesi, ma la Secàb ha previsto di indennizzare i coltivatori per due anni di raccolto. Ma Bidoli definisce l'ammontare con un eloquente «cragnes».
Il punto sul tracciato è un'altra spina dolente della questione. Nella petizione popolare inviata alla Secab da parte dei coltivatori si parla di «tracciati alternativi, sicuramente meno onerosi e meno lesivi della proprietà privata»; Nel documento si parla di un possibile percorso lungo la stessa strada interpoderale o in corrispondenza delle opere spondali alla destra del fiume But, che scorre proprio a est dei prati.
Ma di cambiare il progetto la Secab non ne vuol sentir parlare. “La prima volta che si parlò di quest'opera si pensava di far passare la condotta proprio lungo la sponda del But - spiega Di Centa -. In questo fiume viene immessa l’acqua che giunge dalla centrale di Enfretors, affinché poco più sotto, alla confluenza del But con il torrente Pontaiba, ci sia una portata pari a 500 litri al secondo, in base alle direttive regionali. Questo è un vincolo che dobbiamo assolutamente rispettare».
Il braccio di ferro tra Secab e i proprietari dei fondi terrieri è destinato ad andare avanti. «Noi non firmeremo alcuna autorizzazione a passare suoi nostri prati e chiediamo a Secab e Comune di rivedere il progetto per trovare una soluzione meno penalizzante», puntualizza Bidoli. Sull'altro fronte si è decisi a proseguire nel progetto. “Se volessimo potremmo pure procedere in modo coercitivo, perchè si tratta di un'opera di pubblica utilità - sottolinea Di Centa -. Non lo vogliamo fare, perché alcuni di quei proprietari sono anche nostri soci. Sarebbe una contraddizione. Come Secab faremo di tutto per trovare una soluzione in modo pacifico. Ricorreremo alle carte bollate solo in extremis, ma di certo, non fermeremo l'investimento”.


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