Ritornano le mummie
(Mario Blasoni)

Saranno nuovamente esposte nel battistero di Venzone

A 25 anni dal terremoto e due secoli dopo le prime indagini sul singolare fenomeno, le mummie di Venzone sono tornate sotto i riflettori degli studiosi. Sottoposte a nuovi esami medico-scientifici che hanno già dato interessanti risultati, le 15 salme recuperate tra le macerie dell'ex battistero stanno inoltre per essere riproposte alla vista – macabra fin che si vuole, ma indubbiamente affascinante – dei visitatori. Le peregrinazioni seguite alle scosse del 6 maggio, sono finalmente finite. Ricollocate nell'edificio che le ospitava dal 1845, ricostruito pietra su pietra come il duomo, saranno nuovamente esposte (negli orari di apertura della chiesa, dalle 9 alle 19), a partire da luglio. La notizia – annunciata dal parroco monsignor Bertossi – era attesa dai cultori di storia locale, da tanto tempo privati di uno dei richiami più popolari di Venzone. Un richiamo che si perpetua da qualche secolo, dato che i resti umani mummificati furono estratti dalle tombe del duomo tra il 1647 (quando venne scoperto il cosiddetto “Gobbo di Venzone”) e la fine dell'800. Divennero subito oggetto di curiosità e studi. Il fenomeno fu attribuito a una muffa, la Hipha bombicina, presente nel sottosuolo della chiesa e capace di assorbire l'umidità dei tessuti dei corpi in modo da essicarli nel giro di un anno, evitandone la decomposizione. Lo studio del fenomeno ebbe sviluppo e rilievo internazionali grazie anche a un ammiratore d'eccezione delle mummie: l'imperatore Napoleone che – come racconta Guido Clonfero, memoria storica di Venzone – nel 1807, tornato in Friuli dopo le campagne del 1797, volle vederle da vicino. E i suoi soldati, come avevano già fatto dieci anni prima accanendosi soprattutto sul Gobbo, tagliuzzarono quelle epidermidi incartapecorite portandosi via altri pezzi o pezzetti come souvenir! I ritrovamenti di salme mummificate continuarono nella seconda metà dell'800 e, nonostante i saccheggi, ne rimasero 22 in mostra fino al 1976. I meno giovani ricordano benissimo quegli scheletri ricoperti con un bianco perizoma "schierati" in semicerchio nell'aula del battistero. Collocati in piedi nelle bacheche di vetro, avevano quasi tutti la targhetta con nome e cognome, o una parziale indicazione come nobile, sacerdote, madre, figlia... Fino al 1976 non c'era visitatore che non chiedesse di vederle. Il terremoto del 6 maggio fece crollare l'ex battistero, noto come cappella di San Michele, risalente al 1250 circa, e dopo un mese ci fu un gruppo di soldati canadesi che si offrì di scavare per estrarre quelle martoriate salme. Alcune erano andate a pezzi, ma una buona parte (15 su 22) furono salvate. Per qualche tempo le superstiti furono esposte in un box di lamiera, ma quell'esibizione precaria suscitò non poche perplessità tanto che il parroco decise di riporle aspettando tempi migliori. Che ora sono arrivati. La disposizione è completamente cambiata: adesso le 15 mummie sono esposte nella cripta di San Michele (il piano superiore è tornato cappella). Cinque, le più rappresentative, sono collocate in robuste urne di vetro e le altre deposte in due file di cassetti, apribili, tipo Morgue. Sono tre uomini e due donne (la distinzione è puramente teorica: nella massa cartilaginosa non si notano grandi "differenze", tanto che il pleonastico gonnellino è stato opportunamente abolito). Primeggia, noblesse oblige, l'innominato Gobbo, il decano, se così possiamo dire, del gruppo. Si tratterebbe di un esponente degli Scaligeri: il suo corpo fu ritrovato sotto un sarcofago del 1300 con lo stemma della nobile famiglia veronese. «Ma non era gobbo – spiega monsignor Bertossi, che è parroco di Venzone dal 1983 – la malformazione è successiva alla deposizione nel sarcofago, probabilmente troppo piccolo per lui. La Tac, effettuata di recente, ha stabilito che aveva invece problemi di artrosi e che è morto a circa 45 anni. Gli studiosi si aspettano molto dagli esami medico-scientifici avviati dal professor Gaspare Baggieri, del Servizio antropologico e paleopatologico del ministero dei Beni culturali, ai quali saranno sottoposte anche le altre mummie, considerate nel complesso «un patrimonio genetico di inestimabile valore». Tra quelle esposte nelle urne, due hanno nome e cognome (si tratta dei nobili Paolo Marpillero di 73 anni, esumato nel 1770, e di Daniello Gattolini, 75 anni, dissepolto nel 1811) e le altre due sono una madre e una figlia ignote. In attesa dell'imminente apertura al pubblico – già prennunciata nella bella guida Musei e collezioni della provincia di Udine, uscita di recente a cura di Giuseppe Bergamini – si stanno completando i lavori di sicurezza per l'accesso alla cripta, che avverrà automaticamente con l'inserimento di gettoni (costeranno 2 mila lire ciascuno e saranno reperibili in edicole e tabaccherie, oltre che alla Pro loco). Altri lavori prossimi riguardano il duomo: devono ancora essere sistemate le copie delle statue sulla facciata principale (gli originali, come quelli delle bellissime lunette, saranno collocati all'interno); deve essere rifatto il sagrato e completato il risanamento di alcune pareti per proteggerle dalle infiltrazioni d'acqua. Ma c'è un'altra novità. Conclusi gli scavi cominciati nell'88, in un prossimo futuro sarà visitabile – solo per finalità di studio, o d'interesse archeologico – il sotterraneo del duomo con i resti delle chiese preesistenti all'attuale, che fu consacrata nel 1338 dal patriarca Bertrando: quella del 1251 e quella, ancora precedente, della fine del sesto secolo.

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