Da Timau a “Carràmba”
(Oscar Puntel)

Il ticchettio delle dita sulla tastiera di un computer e il sibilo di un fax accompagnano le sue parole, scandite da un lieve accento romano. Nel sottofondo, voci e rumori confusi di una redazione in fermento. “Come stanno le mie montagne?” chiede di getto, con tono sognante. Sembra di vederla ridere.
A parlare è Flavia Unfer, 35 anni, professione: assistente alla regia, in Rai.
Raggiungerla non è stato facile, districarsi nei meandri telefonici della tv di Stato ancor meno, ma alla fine l’obiettivo è stato centrato. Mettiamola così: siete comodamente seduti sul divano di casa vostra e state guardando lo show sforna miliardi del sabato sera, quando fra i titoli di coda di quella trasmissione scorgete un cognome familiare. Molto familiare, specialmente se ne riuscite a localizzare geograficamente l’origine. Con quel cognome lì, non può che essere di Timau - Tischlbong, isola linguistica a pochi chilometri da Paluzza, dove si parla un tedesco antico, il tischlbongarisch. Iniziano le ricerche. Due colpi di telefono e la raggiungo a Roma, mentre è al lavoro. “Si, mio padre è di Timau” conferma dall’altro capo dell’apparecchio.
Con la voce stanca di chi ha appena partecipato a una riunione fiume di due ore, accetta di parlare di sé e del suo lavoro. “In Rai sono arrivata partecipando a una selezione come assistente alla regia, che ho vinto. E’ un lavoro che mi piace molto e che mi ha portato ad appassionarmi a quello che faccio”. Dieci anni di televisione, dieci anni di duro lavoro che l’hanno poi portata ad affermarsi fra i colleghi, tanto da essere una delle più richieste nel suo campo professionale. Ma che fa l’assistente alla regia? La curiosità è presto soddisfatta: “La tv non si fa solo con una persona. I settori sono tanti. In regia, io faccio da memoria, a tutti: dagli autori alla squadra tecnica, dalla redazione agli operatori audio”. Chi fa l’assistente alla regia è il gancio d’unione del lavoro degli altri e deve cercare di coordinarli tutti. “Io, in pratica, controllo tutto. Poi c’è il regista che decide, sceglie immagini e inquadrature”.
Un lavoro molto impegnativo, che incide notevolmente sulla vita frenetica di Flavia Unfer e che richiede anche una grossa dose di responsabilità, perché se qualcosa va storto la causa è soprattutto sua: “Il mio lavoro è duro perché hai pochissimo tempo per le tue cose: la mattina sei al montaggio, per preparare contributi e sponsor. La sera rimani anche fino alle dieci negli studi a lavorare. Il compito più difficile? Senza dubbio il dover coordinare tante figure.”
Così Flavia Unfer è crescita professionalmente lavorando nei programmi di Sergio Zavoli, nei vari Quark e Super Quark di Piero Angela. Ha curato l’organizzazione de “La tv delle ragazze” con Serena Dandini e di “Scommettiamo che…” sotto la guida di Michele Guardì. Negli ultimi anni si è occupata del programma del sabato sera della rete ammiraglia, “Carràmba che fortuna”, seguendo, appunto, l’edizione appena conclusa.
Anche la realizzazione della diretta da Tor Vergata della Giornata Mondiale della Gioventù, che tutto il mondo ha visto in televisione, è stata monitorata da lei. Flavia Unfer non ha dubbi: “L’incontro dei giovani con il Papa è stato uno degli eventi più belli che ho seguito con il mio lavoro”.
Viriamo su Timau, il paese del padre. E’ inevitabile, per una come lei, fortemente attaccata alle sue radici. “Le mie origini e la mia infanzia sono lì, anche se sono nata a Roma. Ci torno sempre molto volentieri: a Timau ho parenti e amici che vorrei sentire più spesso. Peccato abbia poco tempo. Ho una grande nostalgia di quelle montagne, di quella gente. L’ultima volta che sono venuta è stata la scorsa estate”.
Parla il “tischlbongarisch”, l’idioma linguistico di quella comunità? Un attimo di esitazione poi risponde. “Molto poco, purtroppo. E questo è un rimprovero che faccio a mio padre. Con il friulano va un po’ meglio”.


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