La Carnia andava a vapore…
(Oscar Puntel)

C’era una volta la ferrovia della Carnia, con i suoi binari, le sue stazioni di transito, i ricoveri per le macchine e il suo snodo ferroviario, che si chiamava “Stazione per la Carnia”. Oggi la ferrovia non esiste più e di quel passato non troppo lontano è rimasta solo quella stazione, cui è stato tolto il “per la”. “Stazione Carnia” oggi non serve più la Carnia ma smista treni merci e convogli da o per Vienna, indirizzandoli o ricevendoli dal tarvisiano.
Eppure una volta questo mezzo di trasporto arrivava fin lassù, grazie a due tratte principali, la Villa Santina - Comeglians e la Tolmezzo - Paluzza - Moscardo, entrambe connesse al tronco Stazione per la Carnia - Tolmezzo - Villa Santina. Altra tratta era poi la Villa Santina - Ampezzo.
Era il 1915. Altri tempi. Come dire: altro giro, altra corsa. Era la Carnia territorio e testimone del primo grande conflitto mondiale. Quando servivano risorse umane e materiali, contingenti bellici. E servivano subito. Nacque così l'esigenza di costruirvi una rete ferroviaria proprio per portare uomini e munizioni più vicino possibile al fronte. E nell'inverno fra il 1915 e il 1918 il Genio ferrovieri, sotto la guida di Clemente Lequio, la progettò e la costruì. La Villa Santina - Comeglians e la Tolmezzo - Moscardo vennero costruite lungo i due torrenti che bagnano le rispettive vallate: il Degano e il Bût. Sulle due tranvie carniche, i convogli viaggiavano a una velocità di 25 chilometri all'ora e s’innestavano regolarmente sulle strade civili. Le fermate si stagliavano a breve distanza l'una dall'altra. I passaggi a livello c'erano, erano numerosi e presidiati dalla sola croce di Sant'Andrea.
Dopo la disfatta di Caporetto, la gestione delle due tratte passò dal genio militare all'autorità militare austriaca. Terminata la guerra, l'Italia passò al processo di ricostruzione risanando le ferite interne e mettendo mano anche ai beni ferroviari. Fu così riattivata la Carnia – Tolmezzo - Villa Santina e la tranvia del Bût. Nel 1920 anche quella della Val Degano. Nella loro gestione subentrarono i consorzi “Tramvia del Bût” e “Val Degano”, costituiti dai relativi comuni di vallata.
“Durante la gestione consorziale, le due ferrovie usufruirono di notevoli opere di ristrutturazione”, spiega Giuseppe Nogarino, appassionato di treni e rotaie, che ha dedicato uno studio alle ferrovie della Carnia. “Sul tracciato furono raddrizzate curve critiche, ricostruiti ponti pericolanti, elevate opere di sostegno e di protezione contro frane incombenti. Furono anche sostituite le baracche di legno delle stazioni con edifici in muratura e integrate con ricoveri e officine per il materiale ferroviario”.
Nel dopoguerra, dunque, queste ferrovie furono aperte ai civili e al trasporto merci. Le persone l’utilizzavano per spostarsi verso la pianura friulana. In questa direzione scendeva dalla Carnia anche diverso materiale: la cellulosa della cartiera di Ovaro, la pietra per il gesso di Entrapo, i blocchi di marmo grigio da Promosio, legname e prodotti agricoli del luogo. In direzione opposta dal Friuli verso la Carnia arrivavano cereali, farina, prodotti agricoli, alimentari, materiali edili e manufatti per l’edilizia.
Binari e carrozze rappresentavano anche un forte collante fra le comunità, con una forte azione anti – isolamento. “Le tranvie carniche – continua Nogarino - provvedevano egregiamente a soddisfare egregiamente le necessità delle popolazioni di montagna, costituendo quindi un ottimo tramite per collegare e unire materialmente e socialmente la persone al Friuli e al Paese, sottraendole dal secolare isolamento”.
Nel piano di rilancio del paese dopo il conflitto bellico, le ferrovie carniche vennero pure innestate in una serie di progetti pionieristici di portata anche internazionale. Per esempio si era resa la necessità di creare un collegamento ferroviario tra la Carnia e il Cadore, che unisse il capolinea di Villa Santina con quello veneto di Calalzo. Parallelamente si progettarono, fra gli entusiasmi generali, anche le direttissime Venezia – Monaco e Trieste – Monaco, via Udine – Tolmezzo – Villa Santina.
Ma i tempi stavano cambiando e presto gli entusiami iniziali si trasformarono, almeno per qualcuno, in mostruose arrabbiature. Durante il fascismo, venne bloccato ogni progetto ferroviario e così quelle tratte non furono mai realizzate.
I tempi stavano cambiando, appunto. Il traffico di merci e passeggeri diminuiva, scemando verso il trasposrto motorizzato individuale, e i due consorzi chiudevano i bilanci sempre in rosso. Il 30 ottobre 1931 giunse al capolinea la Tranvia del Bût, il 31 dicembre 1935 quella della Val Degano. La Carnia – Tolmezzo – Villa Santina cessò il servizio passeggeri nel 1958 e nel 1967 quello per le merci. Tramontò il sole sul sistema ferroviario della Carnia. Di esso ci rimane a tuttoggi solo qualche rudere cadente, un tempo stazione o ricovero per le macchine. Neppure qualche rotaia arrugginita.


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