numero 5 - Dicembre 2001

Edito a cura dell'Istituto di Cultura Timavese, con il contributo del Circolo Culturale "G. Unfer" di Timau - Tischlbong e del Comune di Paluzza (UD)


Sommario:
• Sopravvivenze di una melodia popolare
• La lingua timavese: un idioma tedesco
• Griasmar in Oltn Goot - Avòditi al Crist di Tamau
• Van Oschn toog af d'Oastarn
• Timau e la sua scuola: dal 1877 al 1921
• Appunti sui beni collettivi della Carnia
• In sinem crucem nemici nostri liberanus domine
• Oggetti di cultura materiale
• Il pozzo e il pendolo
• Un an pes montagnis dal mont
• Ipotesi sull'etimologia dei toponimi Plöckenpass e Tischelwang
• Kötschach: l'inondazione del 1823
• Paluzza: la questione delle origini

4 Quaderni di cultura timavese L’articolo di Roberto Frisano, Sopravvivenze di una melodia popolare, apre il quinto quaderno di cultura timavese. Questo contributo sullo studio della musica di tradizione orale a Timau prende spunto da alcune testimonianze raccolte in passato per un confronto con quanto si è conservato nella memoria musicale di oggi. In conclusione, visto che la pratica del canto tradizionale ha perso buona parte della sua funzione e del suo significato, l’autore suggerisce di riproporre le melodie popolari timavesi in versione corale magari con una semplice armonizzazione spontanea. Sarebbe un modo per far ritrovare ai timavesi una parte della loro identità.
Il quaderno continua con il contributo della dr.ssa Inge Geyer La lingua timavese: un idioma tedesco. Pur avendo un carattere scientifico, il lavoro risulta di facile lettura grazie ad un’impostazione che tende alla concisione e all’essenzialità. La studiosa, che ormai da molti anni si occupa della lingua timavese, ne ricostruisce l’origine evidenziando non solo le affinità con le altre parlate sud-bavaresi, alle quali appartiene il timavese, ma anche gli aspetti più peculiari che sono il risultato di un’evoluzione linguistica autonoma. Come scrive l’autrice, questa “indipendenza linguistica” diventa segno tangibile della vitalità di una lingua che ha sempre fatto da tramite tra il mondo di lingua tedesca ed il contesto neolatino.
Nelle pagine successive troviamo l’articolo di Mauro Unfer Griasmar in Oltn Goot - Avòditi al Crist di Tamau in cui, attraverso aneddoti e le testimonianze di Ex Voto dei pellegrini, l’autore parla della devozione dei fedeli della Carnia e della Carinzia al Santuario del Santissimo Crocifisso di Timau.
In un interessante saggio in timavese Laura van Ganz illustra il lungo periodo da Carnevale a Pasqua. Van Oschn toog af d’Oastarn descrive, infatti, lo scorrere della vita in paese in un momento così importante nella vita religiosa della comunità, così come era vissuto in passato dai nostri anziani.
Il quaderno poi propone la seconda parte dello studio della dr.ssa Francesca Cattarin sulla scuola a Timau. Timau e la sua scuola: dal 1877 al 1921 raccoglie curiose informazioni sulla vita scolastica del paese, grazie al ritrovamento di registri e relazioni dell’epoca. Viene data particolare attenzione al problema del “dialetto tedesco” che gli insegnanti italofoni o friulanofoni dovevano affrontare assieme agli alunni ed alle alunne di Timau. L’autrice ha inoltre dedicato un capitolo alla olta schual in cui si illustrano le diverse fasi che hanno portato alla progettazione della scuola, e le polemiche che precedettero la sua definitiva edificazione.
Con l’articolo Appunti sui beni collettivi della Carnia don Floriano Pellegrini, partendo dal ritrovamento a Belluno di dieci fascicoletti riguardanti la Valle del Bût e risalenti alla fine del 1700, vuole evidenziare come le “Comugne” della Carnia possano trovare oggi un riconoscimento ed una rinnovata vitalità per ridefinire i rapporti con il territorio e riscoprire i fermenti migliori della civiltà antica.
In sinem crucem nemici nostri liberanus domine è il titolo dell’articolo in timavese di Laura Plozner van Ganz. L’autrice conduce il lettore nel misterioso mondo delle streghe riportando testimonianze, dirette o tramandate da generazioni, su inquietanti fatti accaduti in paese quando ancora superstizione e religione convivevano ed erano gli unici strumenti, attraverso i quali la popolazione cercava di spiegare il soprannaturale e di liberarsi dagli heksaraian (sortilegi, malefìci).
La dr.ssa Sonia Mazzolini con Oggetti di cultura materiale illustra la collezione di oggetti di cultura silvo - pastorale del Museo “La Zona Carnia durante la Prima Guerra” di Timau. Il valore di questi beni antropologici risiede soprattutto nella loro capacità di evocare immagini e suggestioni di un mondo rurale ormai scomparso le cui tracce si possono ancora ritrovare nella fisicità dell’ambiente montano. La schedatura dei 190 oggetti è stata elaborata sul modello di quella prevista per la FKO che riguarda i beni demo-antropologici, con numero d’inventario dell’oggetto, nome in italiano e timavese, il luogo fisico dov’è conservato nella sala del Museo di Timau, l’eventuale donatore, le dimensioni in lunghezza, larghezza e altezza, i materiali dell’oggetto, una succinta descrizione e la foto del manufatto.
Trent’anni fa Paolo Bizzarro ripercorse l’itinerario che nel 1950 il migliore alpinista carinziano della sua generazione, Toni Egger, assieme a Heini Heinricher, seguì per giungere in vetta alla Cjanevate. Paolo Bizzaro con Il pozzo e il pendolo racconta l’avventura di un’ascensione lunga e difficile fatta con l’amico Sergio De Infanti sulla parete nord di quella montagna che si può riassumere in quattro parole: difficoltà estreme, roccia friabile.
La rivista continua con l’articolo di Giorgio Blarsasin sull’“Anno internazionale della Montagna”. Un an pes montagnis dal mont mette in evidenza che anche per il Friuli, dove la montagna rappresenta il 42,6 % del territorio, il 2002 diventa un’occasione per rivedere i modelli di sviluppo, le forme di organizzazione dell’autogoverno ed i sistemi di valorizzazione e protezione dell’ambiente. L’autore, in collaborazione con il mensile in lingua friulana “la Patrie dal Friûl”, propone la prima traduzione della “Convenzion des Alps”, documento di diritto pubblico internazionale per la tutela e lo sviluppo sostenibile delle Alpi.
Nel contributo Ipotesi sull’etimologia dei toponimi Plöckenpass e Tischelwang il viennese Helmuth Schwap elabora nuove tesi sull’etimologia dei due toponimi. Il lavoro del dottor Schwap è stato preceduto dal saggio di uno dei più noti linguisti, Eberhard Kranzmayer, pubblicato nel 1963 con il titolo “Der alte Gott von Tischelwang am Plöckenpaß”. Partendo dalle tesi di Kranzmayer, ma con l’ausilio di nuovi documenti e la rilettura ed interpretazione di toponimi simili presenti in varie località di lingua tedesca, l’autore riesamina il significato di Tischelwang e di Plöckenpass sulla base degli eventi storici, che hanno interessato Timau alla fine del XIII secolo e grazie ai nuovi strumenti messi a disposizione dalla linguistica e dalla dialettologia.
Nel 1823 si verificò la più terribile catastrofe nella storia di Kötschach, paese situato nella Valle del Gail in Carinzia. In Kötschach: l’inondazione del 1823 Christian Lederer racconta l’alluvione che nell’ottobre di quell’anno modificò radicalmente l’aspetto del paese. La narrazione è resa ancora più interessante dagli estratti della Klosterchronik e dalla testimonianza di Johann Messner in cui si descrivono nel dettaglio gli avvenimenti di quelle giornate.
Il quinto numero dei Tischlbongara Piachlan si chiude con un interessante contributo di Giulio Del Bon dal titolo Paluzza: la questione delle origini. L’autore, che da molti anni raccoglie in vari archivi documenti riguardanti l’alta valle del Bût, propone ai lettori alcune riflessioni sulla toponomastica della nostra zona analizzando anche l’influenza della toponomastica sui cognomi della valle. Il lavoro prosegue con l’analisi del nome Paluzza e con l’individuazione del nucleo originario del paese.

Mauro Unfer, dicembre 2001

 
 
 
 
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