numero 4 - Dicembre 2000

Edito a cura dell'Istituto di Cultura Timavese, con il contributo del Circolo Culturale "G. Unfer" di Timau - Tischlbong e del Comune di Paluzza (UD)


Sommario:
• ...Volo con l'aquila...
• Le terre collettive in Comune di Paluzza tra
   passato e presente
• Glaub unt ganodn
• Cave di marmo a Timau
• La strada romana di Monte Croce Carnico
• Roasnckronz e le celebrazioni per i 600 anni della    Marienkirche di Kötschach
• Um holz
• Da primpinella
• ...abiamo dovuto ratirarsi nelle case foreste... e    molte palotole di fucile    arivano sui coperti delle    case...
• Timau e la sua scuola dalle origini al 1876
• Dar moarcht va Vila
• "A trei pas di distance...", stories di muarts e
   visions  tal Cjanâl di San Piêri

Il quarto quaderno di cultura timavese inizia con la descrizione dell’apertura di una nuova via sulla parete del Ganzschpiz realizzata nel settembre del 1997 da Erwin Maier e Walter Nones. Erwin voleva lasciare un segno sulle nostre montagne, una traccia su quelle cime che spesso lo vedevano arrampicare in compagnia del suo inseparabile amico Walter. Insieme avevano scelto una montagna particolarmente cara ad Erwin: il Ganzschpiz. Via volo con l’aquila l’aveva voluta battezzare Erwin in omaggio all’aquila che, nel corso delle frequenti arrampicate, teneva compagnia ai due alpinisti ma in questa denominazione si riflette anche il suo spirito libero, estroverso. Il primo agosto del 2000, sulla parete nord dell’Eiger in Svizzera, una scarica di sassi troncava improvvisamente il suo volo. Erwin Maier aveva preparato da tempo, per i nostri quaderni, l’articolo sulla via volo con l’aquila; mancavano pochi dettagli che non ha potuto aggiungere. L’ha fatto per lui l’inseparabile amico d’arrampicata, e non solo, Walter Nones.
Con l’articolo, Le terre collettive in Comune di Paluzza tra passato e presente, Stefano Barbacetto illustra in uno studio articolato ed approfondito l’argomento delle proprietà collettive come beni di uso civico o come comunioni familiari montane. Il lavoro inizia con la descrizione della storia e natura giuridica delle comugne o beni comunali, per far comprendere il loro significato originario e lo sviluppo nel corso dei secoli. L’autore illustra anche le prospettive che tali beni, attestati fin dal XIII secolo, possono ancora offrire ai giorni nostri alle popolazioni della montagna.
Laura van Ganz propone il primo contributo, in timavese, del quarto quaderno dal titolo Glaub unt ganodn fede e miracoli. Viene descritta, tra l’altro, la devozione dei fedeli dell’alta valle del But verso S. Margherita e S. Valentino a Cercivento, S. Antonio a Treppo, S. Giovanni e S. Lucia a Timau. Attraverso le testimonianze dei devoti, l’articolo espone le grazie ricevute con la preghiera grazie all’intercessione dei santi.
Il quaderno continua con un elaborato di Giovanni Ebner van Eimar per molti anni capo cava a Timau. L’articolo, dopo una breve introduzione storica sulle cave di marmo nella nostra zona, illustra con dovizia di particolari la completa lavorazione dei massi di marmo, dai piedi della Creta fino alla lizzatura dei blocchi al poggio della Schiit. Cave di marmo a Timau è arricchito con numerose tavole, dell’autore stesso, che permettono di comprendere via via l’estrazione dal monte, il taglio e la squadratura dei blocchi, la lizzatura, i tagli con il filo elicoidale, l’organizzazione del piazzale della cava, il trasporto su strada e altri dettagli che riescono a far capire come avveniva questo pericoloso lavoro, in particolare nella cava di Rosso Timau situata in località Untarabont, poco sopra l’abitato.
La strada romana di Monte Croce Carnico è il titolo dell’articolo della dottoressa Mirta Faleschini studiosa di topografia antica che, anche mediante un interessante contributo fotografico, propone un’ipotesi ricostruttiva del tracciato viario romano che da Timau portava al passo. La minuziosa indagine ci guida attraverso le possibili vie percorse dai nostri avi e si conclude con la proposta di rintracciare, in determinati luoghi, ulteriori presenze di testimonianze dell’antica via imperiale, prima che l’imboschimento, le forti piogge ed altri agenti atmosferici cancellino definitivamente le tracce di questi antichi passaggi individuati e percorsi sin dall’epoca preistorica.
Roasnckronz, il pellegrinaggio che i timavesi effettuano la prima domenica d’ottobre a Kötschach, è l’argomento trattato da Christian Lederer. Il lavoro, tradotto dal tedesco da Francesca Cattarin, si apre con un’introduzione storica sulla Marienkirche, chiesa del paese carinziano citata nel lontano 1399. Lederer descrive la vicenda dell’altare che i timavesi regalarono alla chiesa e come iniziò la fama di Kötschach come luogo di culto dedicato a Maria e, attraverso i dati di vari archivi parrocchiali, la storia del pellegrinaggio dei timavesi all’antica chiesa d’oltre confine.
Il quaderno continua con due contributi in timavese di Peppino Matiz van Messio. Um holz – A legna, descrive accuratamente lo svolgimento delle varie fasi per l’approvvigionamento, il trasporto e deposito della legna da ardere tagliata nei boschi e nei prati. Le operazioni sono spiegate dall’atto dell’abbattimento degli alberi alla fase della sramatura, dalla riduzione a misura per essere accatastate in loco fino al taglio della legna, con diversi mezzi, per l’utilizzo domestico.
Da primpinella spiega come veniva giocato questo passatempo, un gioco molto in voga un tempo grazie alle poche cose occorrenti: un coltellino, un piccolo pezzetto di ramo di nocciolo per la lippa ed uno più grande per la mazza. Bepino van Messio illustra le regole e suggerimenti per la primpinella, vecchio gioco soppiantato prima dai flipper poi dai video games e ora dai computers.
Con il contributo Abiamo dovuto ratirarsi nelle case foreste.....e molte palotole di fucile arivano sui coperti delle case… Mauro Unfer, partendo dal ritrovamento di una lettera che descrive la vita, la profuganza e gli effetti dei bombardamenti a Timau nel corso della Grande Guerra, ha raccolto testimonianze orali e scritte di quel tragico periodo storico. La ricerca è corredata da fotografie inedite che documentano gli effetti dei bombardamenti sulle abitazioni e da foto aeree del 1917 sulle quali sono segnalati rifugi, gallerie, ospedali e case colpite dalle bombe. Scopo del lavoro è di stimolare e approfondire gli studi ancora poco numerosi sulla condizioni di vita dei timavesi nel periodo della prima guerra mondiale, anche mediante l’istituzione di borse di studio e concorsi per tesi di laurea che abbiano per oggetto la situazione socio economica di Timau nei primi anni del secolo scorso.
Il quaderno continua con uno studio di Francesca Cattarin. La neo dottoressa, laureatasi con la tesi Saurano e timavese: tradizione, integrazione, innovazione, propone la prima parte di una ricerca storica sulla scuola di Timau. Il contributo ripercorre le vicissitudini della nostra scuola e dei suoi protagonisti nel più ampio contesto della realtà carnica a partire dal settecento. L’apertura ufficiale della scuola avvenne nel 1824 e da tale data, la dottoressa Cattarin espone gli avvenimenti più significativi fino al 1866, anno dell’annessione della Carnia al Regno d’Italia e preludio ad importanti cambiamenti nel sistema scolastico. La seconda parte del contributo sarà pubblicata nel prossimo quaderno.
Segue il consueto racconto in timavese redatto da Laura Plozner van Ganz. Anche in questo numero lo spunto è stato preso da una novella raccolta da Luigi Gortani ed edita nel 1904. Al marçhât di Vile - Dar moarcht va Vila parla dell’antico mercato di Villa tenutosi in un ottobre particolare dopo un anno di siccità e carestia. Traduzione ed interpretazione di Laura van Ganz raccontano le vicende scaturite dall’incontro di personaggi di vari paesi della Carnia nel corso dell’antico mercato.
Il quarto quaderno di cultura timavese si chiude con un contributo in cjargnel della dottoressa Manuela Quaglia, appassionata studiosa delle tradizioni carniche. L’articolo "A trei pas di distance" ci porta alla scoperta delle usanze legate alla Notte dei Santi, alle streghe e ai nostri morti. Una credenza vuole che proprio quella notte tutti i morti della valle del But si rechino in processione alla pieve matrice di San Pietro di Zuglio rendendo così omaggio ai loro avi lì sepolti. Al ritorno poi ogni defunto si recava a far visita alla propria casa prima di tornare a riposare nella pace del proprio cimitero.

Mauro Unfer, dicembre 2000

 
 
 
 
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