|
Le origini |
|
Il timavese è una lingua che appartiene
alla famiglia dei dialetti sud-bavaresi di tipo carinziano. E' difficile
stabilire con precisione il periodo in cui i coloni abbandonarono
il territorio d'origine per trasferirsi nel luogo dove ora sorge Timau.
L'assenza di una documentazione, che possa certificare l'epoca della
colonizzazione, può essere supplita allo stato attuale da alcune
considerazioni di carattere linguistico e filologico. Un primo esempio
è dato dal fenomeno linguistico che costituisce una prova tangibile
delle affinità che intercorrono tra il timavese e gli altri
dialetti carinziani: il fenomeno della Kärntner Dehnung. Esso
si compone di due processi successivi:
allungamento della vocale breve
indebolimento dell'affricata forte che segue la vocale (es.
eejsn, treejfn).
La Kärntner Dehnung si sviluppò intorno al 1300 e quindi,
se anche nel timavese si riscontrasse l'attuazione del primo e del
secondo stadio, il momento della migrazione dovrebbe essere fatto
risalire al 1300 o ad un'epoca posteriore. In realtà nel timavese
si rileva che il processo si è fermato al primo stadio che
ha quindi comportato il semplice allungamento della vocale breve.
Ciò significa che l'epoca del trasferimento va fissata ad un'epoca
anteriore al 1300, quando il processo non si era ancora concluso,
come è avvenuto invece per gli altri dialetti carinziani.
Considerata l'area d'origine dei coloni, sarebbe ovvio far rientrare
il timavese nel gruppo delle lingue germaniche. Tuttavia, in molti
casi, le lingue si sottraggono a qualsiasi tipo di caratterizzazione
e di descrizione fondate sul concetto di sistema governato da regole
e norme prescritte. Le lingue sono lo strumento attraverso cui le
persone comunicano e, facendo ciò, ne garantiscono la continuità.
Sono quindi calate in un contesto storico-sociale che per sua natura
è sottoposto a costanti mutamenti e, di conseguenza, i membri
della comunità adeguano il proprio mezzo linguistico alle nuove
esigenze. |
|
|
|
Situazione di contatto. Definizione |
|
Il territorio, che ha accolto i coloni, rimanda
ad un ambiente linguistico di matrice neolatina che tuttora rappresenta
la cornice, entro la quale operano i timavesi. Per tale motivo la
lingua timavese è stata definita lingua minoritaria di secondo
ordine, affiancata dal friulano, nella varietà carnica, che
ha acquisito lo status di lingua minoritaria di primo ordine in quanto
parlato da un numero più elevato di persone, rispetto a quanto
avviene nella comunità timavese, ma privo di un reale peso
e prestigio in campo sociale, economico e scientifico. Questi ultimi
domini prevedono l'utilizzo quasi esclusivo della lingua italiana,
intesa quale lingua ufficiale dello stato italiano. Il timavese, il
friulano e l'italiano costituiscono pertanto il repertorio verbale
della comunità di Timau ovvero l'insieme delle varietà
linguistiche conosciute dagli abitanti sia a livello di conoscenza
attiva e/o di conoscenza passiva.
Propriamente nella fase della migrazione e dell'insediamento si individua
il momento in cui ai coloni si presentarono le condizioni favorevoli
per la rielaborazione di una lingua a se stante, indipendente dalla
matrice germanica, sottoposta invece ad un più diretto influsso
del contesto neolatino. Alcuni aspetti linguistici più conservativi
sono stati mantenuti, altri devono la loro sopravvivenza ad analoghe
strutture presenti nelle lingue romanze, altri ancora presentano caratteristiche
innovative, soprattutto in campo lessicale. La distanza sostanziale
e strutturale, che separa le lingue germaniche da quelle romanze,
è stata infatti annullata e, nel corso dei secoli, si è
assistito ad un ininterrotto passaggio di prestiti nel timavese e
alla formazione di calchi lessicali e strutturali. Tali contaminazioni
ed interferenze caratterizzano la normale evoluzione di una comunità
in cui più varietà linguistiche entrano in contatto.
Dal punto di vista storico-diacronico, al momento dell'insediamento
si potrebbe ipotizzare uno stato di monolinguismo relativo,
da cui si è giunti ad una situazione di plurilinguismo che
si è successivamente evoluta in pluriglossia. Una comunità
pluriglossica è caratterizzata da una sovrapposizione delle
lingue comunemente parlate o anche solamente comprese dai parlanti,
per ordine d'importanza e di prestigio in ambito economico e sociale.
Il fenomeno della pluriglossia nasce dall'emergere di una necessità
comunicativa di natura economica e psicologica. Il ruolo della lingua
era, infatti, per Timau strettamente legato alle esigenze commerciali
con l'esterno e al bisogno di sentirsi accettati dalla comunità
friulanofona che, fino agli anni Sessanta, ha incarnato il modello
di maggior prestigio. In seguito al friulano è subentrata la
lingua italiana causa la diffusione dei mezzi di comunicazione e di
un processo più capillare di alfabetizzazione. Recentemente
il contesto si è ulteriormente ampliato in concomitanza con
il processo di globalizzazione che consente alle giovani generazioni
di accedere a nuove esperienze conoscitive. Sono proprio loro a non
conoscere la parlata locale. A seconda dei casi sono bilingui, parlano
cioè l'italiano e il friulano, oppure usano esclusivamente
l'italiano nei rapporti con le altre persone, ma comprendono il friulano.
Pochi sono coloro che parlano correntemente il timavese. Attualmente
la competenza in tutte e tre le lingue è pertanto appannaggio
degli adulti anche se non di tutti - e degli anziani. |
|
|
|
Il friulano |
|
Poiché Timau è una frazione di Paluzza
e i timavesi devono rivolgersi agli uffici comunali del capoluogo
per richiedere per esempio dei documenti, l'uso del friulano è
molto diffuso. La varietà, adottata dai nativi, si avvicina
al friulano di Paluzza, sebbene la presenza di friulanofoni, provenienti
da altre località sia della Carnia che del Friuli, renda più
diversificata la situazione linguistica. Per essere più precisi,
la varietà di Paluzza presenta l'uscita e nei sostantivi
femminili singolari e -es in quelli plurali. Tuttavia è necessario
operare una distinzione tra il friulano, inteso come codice e utilizzato
nelle interrelazioni con parlanti friulanofoni, e il friulano concepito
come varietà facente parte del repertorio verbale della comunità
timavese, da cui attingere eventuali prestiti di genere femminile.
In tal caso la scelta cade sull'uscita a, del singolare, -as,
del plurale, che caratterizza sia i prestiti più antichi sia
quelli più recenti, in base al principio dell'analogia. L'utilizzo
del friulano si registra anche da parte dei ragazzi, che frequentano
la scuola superiore di primo e secondo grado, e dei bambini in età
scolare, dal momento che le classi ospitano alunni e alunne di Cleulis,
dove si parla il friulano, e di Timau. L'aspetto più interessante
risiede nel fatto che, mentre anche i ragazzi, i cui genitori sono
entrambi originari di Timau, parlano il friulano, tra le ragazze l'utilizzo
si limita quasi esclusivamente a quelle nate in famiglie in cui la
madre è friulanofona. Tale scelta può essere il retaggio
di un passato in cui solo gli uomini intrattenevano rapporti con le
comunità viciniori, al contrario delle donne. Ancor oggi, quindi,
le ragazze identificano il friulano come la lingua dei maschi. Il
rifiuto del friulano rivela probabilmente anche un atteggiamento negativo
nei confronti di una lingua, che, come il timavese, non consente ad
una persona, per di più di sesso femminile, di contare nella
società. |
|
|
|
Alternanza
di più lingue e registri |
|
Affrontando con superficialità tali realtà,
si giunge a considerare superflua la presenza delle lingue di minoranza
in una società proiettata verso altri codici e moduli espressivi,
offerti per esempio dalla lingua inglese. Abbandonando questa visione
così pessimistica, si potrebbe invece considerare la compresenza
di più codici come strategia per dare continuità alla
lingua di minoranza, pur tra non trascurabili difficoltà. La
possibilità di disporre di più codici produce quella
variazione di registri e riduce quelle situazioni di impasse che si
verrebbero a creare per la mancanza di parole o espressioni autenticamente
timavesi. Si assiste quindi al fenomeno del code switching, termine
tecnico con cui si intende lalternanza di più lingue,
che può limitarsi ad ununica parola, ad unintera
espressione oppure ad un intero frammento comunicativo. Per chi volesse
avere un quadro più chiaro del fenomeno, si consiglia
(1)
In realtà il contatto tra le tre varietà linguistiche
è stato sempre presente e i parlanti hanno applicato nel corso
dei secoli continui meccanismi di adattamento del materiale di matrice
neolatina alle strutture fonetiche e morfologiche della parlata locale.
Basti pensare alla comunissima domanda: Bivil joarn hosta?- Quanti
anni hai? Chi conosce la lingua tedesca sa che la stessa frase si
traduce con: Wie alt bist du? Eppure nessun parlante obbietta al fatto
che esista una tale distanza dal tedesco e, viceversa, un punto di
contatto con il contesto linguistico neolatino. Attualmente si assiste
ad un processo di atrofizzazione della competenza creativa, considerata
limmissione massiccia e incontrollabile di nuovi termini tecnici,
burocratici, ecc. Sono aumentati i temi di discussione tra i parlanti
che esulano da quelli legati alle attività del passato, quali
il taglio del legname, lo sfalcio dei prati, che non riescono ad essere
più concorrenziali con le nuove professioni. I membri di tutte
le comunità di minoranza si trovano pertanto ad operare su
due fronti: da un lato sentono la necessità di recuperare al
più presto il patrimonio lessicale, lasciato in eredità
dagli antenati, dallaltro sono coscienti che per conservare
la propria lingua devono riconoscere ed accettare i cambiamenti avvenuti.
Tale sforzo si palesa ulteriormente in questa fase, così ricca
di novità e di possibilità da sfruttare, che prevede
luso scritto di lingue, trasmesse quasi esclusivamente a livello
orale. Ne sono testimoni le numerose pubblicazioni in lingua timavese
edite dal Circolo Culturale.
(1)
|
Inserimento
di singole parole di senso compiuto: Ckemant bol suachn!
I pin dipendent i hon in modello centouno schuan gazolt maina
Irpef sumo
vengano pure a cercare! Io sono un dipendente, io ho già
pagato il modello centouno, la mia Irpef, sumo
- appunto e du muast tuan in netto noor bosta packimst
appunto eh tu devi poi fare al netto quello che ricevi
Alternanza tra timavese e friulano:
A - i hon pfrok in da gamaan
do iis dar reddito van balisch unt da fotokopia van balisch
unt van taic as miar honza zok - nizz zan mochn - un sietequarante
coste centmilfrancs come nuje
io ho chiesto in comune, ecco il reddito dallItalia,
la fotocopia dallItalia e dalla Germania e mi hanno detto
niente da fare, un 740 costa centomila lire, come niente
B - ii si s(, eh san ben ce
che tire la int
iih si sa, eh sanno bene quello che prende la gente
A - e cem(t ancje
eccome anche
Lutilizzo del friulano da parte dei parlanti A e B va
indubbiamente ricondotto al fatto che quasi tutti gli impiegati
e i pubblici ufficiali, che operano negli uffici comunali e
sindacali, sono friulanofoni.
|
I timavesi possono ricorrere anche ad un altro stratagemma attraverso
luso della parola dinck, frequentemente utilizzata dai parlanti
della comunità nel corso di una conversazione. Il sostantivo
dar dinck ed il verbo dinckn rimandano rispettivamente a coso e a
cosare (friu. cosâ. Nellambito di una conversazione le
due parole diventano strategie mirate ad evitare brusche interruzioni,
nel momento in cui il parlante non è in grado di scegliere
il vocabolo corretto, oppure a sostituire un termine non timavese.
In entrambi i casi si adatta al sostantivo che la persona intende
utilizzare, come si osserva nellesempio daina mama hot da dinck,
da penschion van taic - tua madre ha la
, la pensione della
Germania, dove dinck è preceduto dallarticolo determinativo
al femminile. In questo caso il parlante preferisce usare una parola
friulana, ma in altre situazioni può lasciare solamente dinck.
Sarà il discorso ad aiutare le altre persone, che prendono
parte alla discussione, a capire a che cosa si sta riferendo. |
|
|
< Torna alla
pagina della lingua
|